Di Pino Aprile e Francesco Paolo Tondo
23 MAGGIO 1992, IL GIORNO CHE MORÌ FALCONE
FU LA MAFIA, PER CONTO DI…
Solo pochi pensieri, nella ricorrenza della macelleria di Capaci (vittime Falcone, la moglie e gli angeli della scorta), compiuta per mano mafiosa da poteri che hanno forti radicamenti nello Stato e sono, in qualche manifestazione, parte dello Stato:
1 – Chi pensava di distruggere l’opera di Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, uccidendoli, è un cretino. Criminale, ma cretino: non li hanno eliminati, li hanno moltiplicati. La potenza del loro esempio, della loro intelligenza, della loro moralità e dell’intransigenza, ha prodotto un vero e proprio cambiamento culturale. Le nuove generazioni ne hanno fatto i loro eroi (e vorrei vedere), i loro punti di riferimento. Il che ha avuto conseguenze enormi. Quando ero ragazzo, il mafioso era, sia pur in negativo, l’eroe: film, libri, reportage giornalistici avevano per protagonisti degli imprendibili criminali che sconfiggevano nemici, sfuggivano alle indagini, gestivano traffici colossali… Oggi, i protagonisti di libri, film, sceneggiati sono gli eroi che di quei presunti geni del male hanno mostrato la pochezza, li hanno scovati, incarcerati, ridicolizzati. Anche se tanti, a prezzo della propria vita. Le nuove generazioni sanno, a differenza della mia, che quelle “ombre” potentissime sono uomini da niente, solo feroci e burattini di altri poteri. Il mondo, in questo senso, è cambiato;
2 – La profezia di Falcone, sulla mafia, si è avverata, almeno in parte: «Quello che alcuni uomini fanno, altri uomini possono disfare». E lui fra questi. Nulla è per sempre, nulla è indistruttibile. Nemmeno il Male. E, purtroppo, ricordiamocelo, nemmeno il Bene;
3 – La necessità di quei poteri annidati pure nello Stato, nella massoneria, sospettati (qualcosina in più che sospettati…) di essere i veri esecutori, forse mandanti, degli attentati contro Falcone, Chinnici, Borsellino, li ha resi visibili. Ora lo schermo della manovalanza mafiosa che li celava alla vista ed al giudizio, è caduto. Sappiamo chi sono, dove sono, cosa fanno. Anche se non possiamo essere espliciti più di tanto, come disse Pier Paolo Pasolini;
4 – Quei poteri marci, e non solo nazionali, sono stati obbligati a venire allo scoperto e ad agire in prima persona. Si pensi solo a quanti politici, parlamentari, ministri in odore di rapporti mafiosi od in pubbliche dichiarazioni di vicinanza ad esponenti mafiosi, sono non solo tollerati, ma difesi, tutelati da alti rappresentanti dello Stato, dell’economia. Quasi una ostentazione del diritto della mafia ad essere parte della struttura statale, politica ed economica di questo Paese;
5 – Ricordiamoci i pessimi esempi di massime cariche istituzionali, con le intercettazioni distrutte dell’allora presidente della Repubblica (ma ha mai davvero smesso di esserlo?) Giorgio Napolitano; gli “indicibili accordi” denunciati dal giudice D’Ambrosio, purtroppo morto tempestivamente; il rifiuto impunito del presidente Napolitano di andare a testimoniare;
6 – I recentissimi libri dei professori Francesco Benigno (La mala setta) ed Isaia Sales (Storia dell’Italia mafiosa), che mostrano con dovizia di documenti come e quanto la criminalità meridionale fu fatta divenire Mafia, come la conosciamo, per contribuire ad unificare l’Italia e tenerla divisa, con un Sud coloniale;
7 – Domanda: perché solo per quattro magistrati (Chinnici, Falcone, Borsellino, Carlo Parlermo, che sopravvisse, mentre morirono una mamma ed i suoi due bimbi, che passavano di lì per caso) hanno avuto “l’onore” dell’attentato con un’auto imbottita di esplosivo? La Mafia è una cultura, criminale, ma cultura, perché individua un suo “popolo”, con gergo, norme, rituali e liturgie proprie. E, quindi, agisce in modo simbolico: se uccide qualcuno con un sasso in bocca, vuol dire perché lo ha eliminato. Quindi, se per quei magistrati hanno usato un metodo “libanese”, cosa hanno voluto comunicare; e a chi? Perché è chiaro che i referenti veri di quell’azione criminale erano quelli a cui era dato intendere il significato del modo. Carlo Palermo scrisse, poi, un libro in cui si parlava di tradizioni di potere di gruppi esoterici e che ognuno poteva interpretare a modo suo, dal romanzo all’allusione. Lo cito solo per riferirne, non perché debba necessariamente avere un nesso con quel che accadde.
Ma la domanda aspetta una risposta: perché a loro quel modo? Cosa avevano visto, capito? E’ emerso da anamnesi incrociate e redami occulti, in base all’ermeneutica di investigatori, lettori e giornalisti disallineati, che il binomio Falcone-Borsellino, avesse trovato un filone di inchiesta afferente ai fondi neri del Pci, che tangevano asintoticamente, temi clamorosi quali pedofilia, Satanismo, sacrifici umani, pedosatanismo, scomparsa di minori, fino a frange deviate del mondo istituzionale trasversale. I fautori dell’assassinio del trio di giudici italiani martiri, migliori e piu temuti del mondo, stazionano in lussuosi anfratti edilizi londinesi, newyorkesi, parigini, berlinesi, romani e forse moscoviti, su cui risulta impossibile far riaffiorare la verita’; ma anche le collusioni con la Mafia, le societa’ segrete e le multinazionali egemoniche.