Scandalo violenza femminista: attacco a sede Pro Vita e censura

di Rita Lazzaro

ll femminismo inusitato emerge dai fatti di sotto: a poche ore dalla manifestazione a Roma contro la violenza sulle donne promossa dal collettivo ultra-femminista “Non Una Di Meno” la sede di Pro Vita & Famiglia è stata vandalizzata e imbrattata con vernice rossa e affissioni inneggianti all’aborto libero.
Non è la prima volta che la Onlus riceve simili attacchi.
Infatti, in occasione della festa della donna la sede di Pro Vita è stata oggetto di scritte vandaliche dopo le affissioni per l’8 marzo scorso contro l’aborto.
Minacce e insulti sulle serrande della sede dell’associazione Pro Vita e Famiglia, a viale Manzoni. Ciò che ha scatenato l’ira femminista sono stati i manifesti di Pro Vita con su scritto
“Potere alla donne?
Facciamole nascere. #8 marzo”. Manifesti che sono stati immediatamente rimossi dal Comune in quanto giudicati lesivi delle norme sulle affissioni.

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Una decisione cui la formazione anti abortista che «opera in favore dei bambini, delle madri e dei padri, difende il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, e sostiene la libertà e priorità educativa dei genitori» (queste le linee del programma sintetizzato sul sito) ha reagito con una denuncia al Comune per «censura politica».
«I nostri manifesti non contenevano il minimo messaggio offensivo o discriminatorio – contesta Antonio Brandi, presidente della formazione – e riteniamo la giunta Gualtieri politicamente responsabile del violento attacco subìto. Etichettando e censurando la nostra innocua campagna come violenta e sessista, ha fomentato un clima di odio politico verso di noi. Chiameremo il Comune, il sindaco e l’assessore a rispondere dei loro abusi in ogni sede giudiziaria, anche quella penale, dove difenderemo il nostro diritto costituzionale alla libertà di opinione ed espressione».
Stessa storia vista a ottobre per i manifesti contro la teoria gender quando il Comune di Bologna ha chiesto un parere legale per poi arrivare alla rimozione dei manifesti Pro Vita perché con stereotipi inaccettabili” e “lesivi della dignità”.
I manifesti “Pro Vita” sono da paragonarsi alla stregua di “illeciti amministrativi” e per questo sono stati segnalati al Codice di autodisciplina pubblicitaria. Non solo. È stato chiesto anche un parere legale per poterli rimuovere. Ad avviare la battaglia è stato il Comune di Bologna, che prende le distanze così dai manifesti diffusi sul territorio nazionale dal Movimento Pro Vita.
Sicuramente una vita non facile quella della Onlus che lotta tra censura e continui attacchi. Attacchi per di più gettati volutamente nel limbo proprio da quella politica sempre in prima linea contro la lotta alle parole d’odio e ad ogni forma di discriminazione sempre in nome delle libertà. Costituzionalmente riconosciute e tra queste dovrebbe essere inclusa anche la libertà di pensiero. Un silenzio che non dovrebbe sorprendere più di tanto visto che si tratta sempre delle stesse pasionarie che hanno abbracciato  il rigoroso silenzio alla vista del manifesto di Maria Rachele Ruiu, attivista di Pro Vita e Famiglia come successo anche col premier Giorgia Meloni ed il ministro per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella. Ma non tutti sono rimasti in silenzio. Infatti non è mancata la solidarietà della giornalista e scrittrice Enrica Perucchietti che in un’intervista fatta dalla stesse Onlus ha considerato l’atto vandalico come testimonianza del “clima di intolleranza liberticida che viene portato avanti anche da quei gruppi che rivendicano dei diritti ma utilizzano la violenza per chi diverge dal loro pensiero, cercando di eliminare non solo la libertà di pensiero altrui, ma anche la possibilità di un dibattito”. La scrittrice considera infatti questo femminismo “ancora più violento e sadico del patriarcato che dice di combattere”. Ma non si è fatta attendere neppure la voce della giornalista Costanza Miriano: «Femministe cercano a tutti i costi un nemico, ma non è questo il modo di dialogare».

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Anche la giornalista Hoara Borselli ha condannato l’attacco squadrista di stampo femminista: «Femministe vogliono silenziare chi la pensa diversamente». Secondo la giornalista e opinionista Hoara Borselli, raggiunta telefonicamente da Pro Vita & Famiglia, l’imbrattamento della sede di Pro Vita e Famiglia dimostra il vero punto debole delle nuove femministe: la difficoltà nell’esprimere idee costruttive che non siano “contro” qualcuno.
«La violenza è sempre un segno di debolezza. Quando qualcuno pensa che, in fondo, la propria parola non abbia un peso, allora tira fuori la violenza. Quindi, dimostra il fallimento della propria capacità di esprimere un messaggio. Chi fa così, ha bisogno di mettere in campo la forza – che, in realtà, lo ribadisco, è un segnale di estrema debolezza – pur di farsi sentire. Evidentemente credono che questi gesti siano necessari per poter avere quei riflettori puntati che evidentemente non riuscirebbero ad ottenere, se si esprimessero in maniera civile», affermava Bporselli.
Aggressioni e attacchi solo perché la si pensa diversamente ma l’aspetto tragicomico è che il tutto avviene per mano di chi si reputa antifascista e con la complicità della politica che, quotidianamente, dà la caccia ai nostalgici proprio per evitare il ritorno del regime.
Tipico cortocircuito di chi predica palesemente viene strumentalizzato, infiltrato e finanziato, per creare entropia ed instabilità politico-sociale.

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