di Rita Lazzaro
Nel fine settimana ad Appio-Latino, vicino alla stazione Tuscolana, intorno alle 23.15 un uomo di 60 anni ha sparato all’ex compagna, Martina Scialdone, avvocato di 34 anni, uccidendola.
Il femminicidio è avvenuto dopo una lite al ristorante «Brado». Costantino Bonaiuti – ingegnere di origine etiope, sindacalista di Assivolo, sindacato dei quadri Enav, ma anche responsabile di International Strategies per lo stesso ente, dove ha ricoperto il ruolo di consigliere nazionale – era a cena con la donna, pare, per l’ultimo tentativo di riconciliazione dopo la rottura del rapporto. E però, invece di arrivare ad un chiarimento civile, il colloquio è degenerato in uno scontro dai toni sempre più accesi al punto che il proprietario del locale ha chiesto alla coppia di allontanarsi per non disturbare gli altri ospiti.
Dai primi accertamenti è anche emerso che la 34enne prima di essere uccisa avrebbe chiesto aiuto ad alcune persone che si trovavano al ristorante cercando di prendere tempo per poter tornare a casa ed evitare nuovi contatti con l’ingegnere che, evidentemente, ai suoi occhi si era già palesato come un personaggio pericoloso. Ma attorno a lei nessuno l’ha capito e comunque nessuno le avrebbe dato appoggio. Addirittura stando alle prime informazioni raccolte dagli inquirenti la giovane avrebbe tentato di nascondersi nel bagno ma i responsabili del locale l’avrebbero fatta uscire. Un’ uscita che le sarà fatale. Infatti fuori c’era l’uomo ad aspettarla, che invece di placarsi ha impugnato l’arma e l’ha rivolta contro l’ex compagna esplodendo un colpo. Subito dopo, è fuggito a bordo della propria auto in direzione di via Tuscolana. La donna è deceduta a causa della ferita letale provocata dal proiettile che l’ha raggiunta da una distanza molto ravvicinata: a nulla è valso l’intervento degli addetti del 118 che hanno provato a rianimarla.
Il carnefice è stato intercettato in zona Colle Salario, all’interno della sua abitazione, e sottoposto a stato di fermo.
La pistola dell’omicidio è stata ritrovata a casa del killer, che nella notte è stata anche perquisita.
Questo è il secondo femminicidio di una giovane donna avvenuto nel 2023.
Infatti, mercoledì 4 gennaio, Giulia Donato, 23enne di Genova, è stata assassinata dal suo fidanzato. Si tratta di un omicidio-suicidio, scoperto in un appartamento nel quartiere genovese di Pontedecimo: una guardia giurata di 32 anni, Andrea Incorvaia, ha sparato con la pistola di ordinanza alla fidanzata, e poi si è tolto la vita. La giovane frequentava l’uomo da circa un anno: un rapporto contraddistinto però dalla forte gelosia di lui, che, secondo quanto riferito dalle amiche, la ragazza probabilmente aveva deciso di troncare.
Purtroppo, sempre a gennaio, la violenza sulle donne si è manifestata in un’altra sua forma aberrante come la violenza sessuale.
La settimana scorsa una 20enne e’ arrivata in ospedale sotto shock, raccontando ai medici di essere stata violentata all’interno di una discoteca da alcuni ragazzi che l’avevano fatta bere. «Forse hanno usato la droga dello stupro perché non riuscivo a reagire né a chiedere aiuto», queste le parole della ragazza. Si tratta del secondo caso di stupro ai danni di una giovanissima, se i fatti saranno accertati, avvenuto a Genova in meno di una settimana.
Prima di questa terribile vicenda, sempre a Genova, si è verificata un’altra presunta violenza sessuale sempre su una 20enne. L’episodio si era verificato in piena notte in centro città, i cosiddetti «Giardini di plastica», un parco poco frequentato alla sera. La giovane, che si era persa dopo aver trascorso la serata in un’altra discoteca, aveva raccontato alla polizia di essere stata stuprata e rapinata da alcuni ragazzi a cui aveva chiesto informazioni. Le indagini su quell’episodio non hanno ancora portato ad identificare gli autori della violenza.
La violenza carnale attualmente pare che non risparmi neppure le giovanissime, come successo a Siena a una ragazzina di soli 12 anni. La presunta violenza sessuale si è consumata durante la festa studentesca nella notte fra il 5 e il 6 gennaio in un locale molto in voga fra i giovanissimi alle porte di Siena.
Femminicidi e stupri sono orrori che continuano a non arrestarsi e che, di conseguenza, portano a porsi una serie di domande alle quali risponderà Angelo Bertoglio, Presidente Associazione Vittime Riunite d’Italia e promotore del Disegno di Legge per l’istituzione del “garante nazionale per la tutela delle Vittime.
1)Perché nonostante il codice rosso continuano a verificarsi simili orrori?
“Molto semplicemente perché il codice rosso sarebbe anche una buona legge, ma avevo detto fin da subito che andava messa anche una cospicua copertura economica per garantire le dovute assunzioni nei tribunali, nelle caserme e nelle questure teleologiche ad attuarla seriamente. Mancano le risorse umane per poterla rendere veramente efficiente ed al vero servizio delle Vittime”.
Ex fidanzati che non accettano la fine di un rapporto. 2)In che modo evitare che la situazione degeneri?
“Ad oggi si respira ancora troppa aria di impunità in Italia, purtroppo la storia di questi ultimi 10/20 anni è scritta li, sotto gli occhi di tutti, soprattutto delle Vittime e delle loro famiglie. Leggi e tutele per Abele, parole parole parole per Abele, questa la triste realtà. Serve una seria e profonda riforma della giustizia e con essa, un altrettanto seria riforma del sistema carcerario per garantire una giusta pena per Caino, ma anche sicurezza agli agenti dei penitenziari, pure loro troppo spesso dimenticati dallo Stato. Dobbiamo iniziare a garantire la certezza della pena per Caino e la certezza al diritto della giustizia e della dignità per le Vittime e le loro famiglie”.
3)Come e quanto la pena può rieducare chi si macchia di simili crimini?
“Con una riforma seria e profonda, proprio come detto poco fa, in modo da costruire un sistema che sia di giusta reclusione, ma che sia anche rieducativo per chi delinque; e non solo una branda in attesa di uscire il prima possibile con sconti, indulti e svuota carceri vari”.
I femminicidi, purtroppo, danno luogo ai cosiddetti “orfani speciali”.
4)A suo avviso, l’Italia supporta i figli vittime non solo di femminicidio ma anche di costanti sevizie domestiche?
“C’è molto lavoro anche su questo, c’è bisogno di una rivoluzione culturale e sociale, si deve avere forza, coraggio e decisione per riscrivere il futuro delle Vittime, anche e soprattutto sui bambini figli di Vittime e Vittime loro stessi” .
5)In cosa dobbiamo migliorare per far sì che le piccole vittime non lo diventino doppiamente?
“Si deve partire dalle famiglie e dalle scuole, introducendo “la cultura del rispetto”, parlando e confrontandosi fin dalle giovani età, dialogando in modo chiaro e diretto, senza alcuna paura. Se pensiamo che qualcuno vuole parlare di gender già alla scuola dell’infanzia con libri, testi e disegni, non ci vedo nulla di male nel parlare della cultura del rispetto, della persona, del prossimo e della vita”.
“Cultura al rispetto”: un obiettivo da conseguire anziché una regola, che ormai e’ opportuno diventi prassi. Aspetto questo su cui riflettere e non poco, non solo dal punto di vista politico e giuridico, ma anche culturale.