Vivere in un mercato aperto procura degli svantaggi gravosi per la maggioranza dei consumatori, e degli incommensurabili vantaggi per i produttori mediante gli accordi transnazionali.

Il problema della globalizzazione consta di una caccia infinita di risorse ambientali ed un abbattimento costante del costo della manodopera. Le conseguenze di detto processo sfociano negli esiziali, diretti, indiretti e sopratutto progressivi cambiamenti climatici, da cui le attuali micro apocalissi, ed inoltre nella deregolazione del lavoro con la massimizzazione dei mercati-nazioni più numerosi.

Oggi è d’importanza cruciale regolamentare la globalizzazione mediante limiti stringenti all’introduzione dei prodotti extracomunitari; ma ancora limiti stringenti rispetto all’abbassamento di prezzi, e limiti stringenti rispetto alla capacità di immigrazione.

Il management d’altezza oggi, consiste nell’attuazione di criteri per la normalizzazione della globalizzazione, la definanziarizzazione dell’economia ed il rispetto del principio costituzionale del diritto di vivere dignitosamente nel proprio paese natio.

Sarebbero dinamiche geopolitiche e geofinanziarie da rimodulare, per ottenere la regolazione opinata della globalizzazione in atto, partendo dalla nazionalizzazione di alcuni beni bancari, infrastrutturali e produttivi, atti a garantire il rispetto della dignità e dell’istruzione collettive.

Dunque il potenziamento del mercato interno e delle popolazioni nazionali saranno il passo cruciale per svoltare in un contesto dove la globalizzazione non sia più minaccia e causa di devianza sociale, indigenza, ipoistruzione e disastri ambientali. Da qui manovrare il neoliberismo in una fase per lo più controproducente alla democrazia, è solo uno dei tasselli, ma il più importante, da rimodulare assieme alla globalizzazione per scongiurare nuovi conflitti bellici globali

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