Napoli accelera sui beni pubblici

Giovedì è stata firmata la lettere di intenti con Invimit, per la creazione di un fondo per la gestione di una parte dei beni pubblici della città che si ritiene possano creare valore per la città.

Il patrimonio immobiliare del comune di Napoli è costituito da circa 65mila unità, di cui la metà assolvono alla funzione di edilizia residenziale pubblica.

Questa parte, secondo quanto pare di capire dalle intenzioni espresse dell’amministrazione, non verrà coinvolta nell’operazione. Rimangono quindi circa 30mila beni comunali che saranno inseriti nel fondo per essere successivamente messi a valore tramite un fitto o definitivamente dismessi.

Tra questi la #GalleriaPrincipe, #PalazzoCavalcanti, lo #StadioMaradona, #VillaMedusa a Bagnoli e tantissimi pezzi di città che non sono dei semplici immobili di pregio ma piuttosto dei monumenti a costituzione dell’identità cittadina.

Sorge spontanea, data la rilevanza dei beni in causa, una domanda di carattere metodologico: come verranno selezionati i beni considerati di pregio per i quali il Comune deciderà di conservare la proprietà e quali invece potranno essere alienati? Come intende procedere il Comune nella selezione di quegli immobili che vengono definiti strategici e quali invece al contrario, per ammissione dello stesso sindaco potranno essere dismessi?
Andranno definiti dei criteri in tal senso?

Il consigliere Clemente suggerisce che assieme al perimetro degli edifici che verranno inseriti nel Fondo possano essere individuate le finalità con le quali questi edifici saranno selezionati, se per essere fittati o venduti. In questo modo si darebbe un grande segnale di trasparenza, si potrebbe aprire un serio dibattito cittadino sulla destinazione che intendiamo ai beni strategici della città, a garanzia di un lavoro serio e realmente condiviso.

È necessario che il Consiglio venga fortemente coinvolto in tal senso. Non è poi chiaro come si innesterà tutto questo complesso con il piano di dismissione e valorizzazione che il Comune già possiede e con il piano di riequilibrio siglato con la Corte dei conti.

Discorso a parte va fatto per quegli immobili che si ritiene di non voler in alcun modo sottoporre all’ingerenza dei privati. Quegli immobili ai quali e’ riconosciuto un valore sociale, che seppur non creatori di valore strettamente economico restituiscono alla società in termini di assistenza e presenza civica sul territorio.

Sia chiaro: la controparte politica appendice dell’ex sindaco de Magistris non dichiara nessun pregiudizio ideologico, ben venga l’appoggio dei privati che devono creare ricchezza per la città e per loro stessi, laddove ci sono le condizioni perché questo avvenga. Verrà venduto ciò che si terrà giusto vendere e dato in uso quello che si considerera’ vantaggioso dare in uso, ma non tutto nasce per creare guadagno economico. Secondo la rieletta consigliere Clemente, vittima di omicidio materno da parte dei sicari della camorra quando era bambina.

L’esperienza dei beni comuni ce lo ha insegnato: esistono realtà che riescono a restituire alla città molto di più che un canone di fitto, tramite il lavoro fatto con le persone e per i territori. Soprattutto in questa città, dove il lavoro sociale fatto tramite i beni pubblici può significare salvare un ragazzo dalla delinquenza e dove la gratuità di un servizio che non è soggetto a logiche di profitto, perché erogato a costo zero, è per molte persone l’unico modo per poterne usufruire.

Non dimentichiamo quale è il ruolo del pubblico: è indispensabile la sostenibilità economica ma che vada di pari passo con la garanzia dei diritti al cittadino. A cio’ si innesta la polemica ristornata ultimamente dal

vendere beni pubblici di alcun tipo, dal punto di vista costituzionale. Bene ragionare in ottica di mercato secondo una dovizia di ragionieri economici dediti alla gestione patrimoniale, tuttavia esiste una compagine di addetti costituzionali che aborrisce anche il nolo di beni pubblici per scopi di sviluppo indogeno ed incremento fiscale. L’esperienza di Global Service, principale azienda a livello di gestione di beni immobili afferente al napoletano Nicola Romeo, rappresenta una fattispecie virtuosa nella creazione di valore aggiunto per quanto concerce il patrimonio pubblico. Tuttavia e’ giusto rimarcare che l’imprenditore proprietario del quotidiano nazionale il Riformista e zelante nel reclamare l’acquisto dello storico “Il Mattino” oggi in crisi per settanta milioni, non detenga la proprieta’ degli immobili bensi’ la gestione; mentre la proprieta’ e’ giusto rimanga al Comune di Napoli per ogni evento futuro oggi in bilico a causa del “Patto per Napoli”.

Se poi si focalizza l’incremento di accessi turistici a Napoli per Pasqua di centocinquantamila unita’, bilanciando le emigrazioni definitive dell’ultimo ventennio che hanno intaccato a nocecentomila i residenti cittadini dal milione e due circa; il fatto che il sindaco non abbia ampliato i trasporti ed i servizi per l’afflusso monstre, ha fomentato polemiche culminate nel falso mito delle privatizzazioni. A tal proposito il giornalista Livio Varriale esorta attenzione nel tutelare il commercio ed il turismo cittadini da eventuali innalzamenti dei prezzi causati da ulteriori privatizzazioni dei servizi. Le quali inficierebbero la ripresa di Napoli, che ha avuto un record italiano di arrivi pasquali ad onta, come afferma Pino Aprile direttore del network “La C news”, delle campagne indirette dei tg nazionali su eventi e possibilita’ turistiche che ineriscono Roma, Milano, Torino, Firenze, Venezia, solitamente appannaggio dei media nazionali.

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