In seguito allo scandalo dei rifiuti che ha invaso dapprima Napoli e Campania va affermata con risoluzione l’esistenza di una emergenza ambientale italiana: le regioni del Po, ovvero Lombardia, Veneto e Piemonte sono tra le più inquinate d’Europa. Alla luce infatti dei dati europei sullo stato ambientale riconducibili al 2013, la mortalità dovuta ad ossidi di azono e ozoto in senso lato, vede l’Italia primeggiare in occidente. Con un deterioramento rispetto al 2010, i nocumenti per l’economia arrivano al 4% del pil, con le conseguenti mobilitazioni dei medici ausiliari.

L’associazione dei medici ausiliari  ha postulato un blocco amministrativo per la costruzione di inceneritori e nuovi impianti industriali, eccettuati quelli da convertire secondo criteri ambientali. La natalità precoce, infatti, in prossimità degli impianti che smaltiscono rifiuti con le fiamme, è la più alta in Italia, ovvero quella nella Valle del Po.

La nuova direzione della gestione produttiva e manageriale in toto, deve andare incontro allo sviluppo di tecnologia ed aziende ad alta sostenibilità ambientale; nonchè va indirizzata verso una precoce riconversione ambientale. Bisogna pero’ per inciso dire, che il movimento cinque stelle si è mobilitato per adottare provvedimenti a tutela delle regioni del Po, ma ora che si trova questo movimento al governo, bisognerà riscontrare il modo con cui concretizzerà tali propositi. Ad ogni modo per riadeguare il mondo verso parametri inderogabili ormai, di salvaguardia ambientale, si stima occorreranno una dovizia di miliardi, in grado di diventare una risorsa per lo sviluppo ed il rafforzamento di sistemi industriali nei paesi grandi come l’italia.

Per ciò che infine attiene all’Italia, la capacità gestionale di fagocitare, attrarre questi capitali mondiali atti alla riconversione ambientale, sarà imputabile ad una politica industriale di lungo corso e di ampio respiro. Auguriamoci dunque, che chiunque debba decidere le direzioni della politica industriale italiana, sia lungimirante e sappia pertanto guardare all’intromissione della fetta economica maggiore, derivante dall’affare prossimo della riconversione ambientale del mondo.

Le università italiane ed il sistema produttivo di eccellenza, rappresentano una potenzialità in più a disposizione dell’Italia, a prescindere dal colore politico della squadra di governo.

Incrociando le dita sulla possibilità di ergersi a ruolo di protagonista nell’affare inaudito della riconversione ambientale globale, l’Italia potrebbe riprendere a crescere a ritmi vertiginosi dismettendo le vesti di potenza declassata. Ad ogni modo la riconversione urbana ed extraurbana su criteri di sostenibilita’ ecologica, deve scongiurare la deriva anticommerciale di far sobbarcare ad imprese, professionisti e commercianti, i costi relativi all’istallazione di tecnologie a scarso impatto ambientale: il Recovery Fund, a tal proposito, rappresenta un costo indiretto a carico delle aziende e della collettivita’, associato alla riconversione ambientale, da scongiurare con il finanziamento statale e non continentale, a misure ambientalistiche, e che non comportino come il Recovery fund, aumenti fiscali, privatizzazioni ulteriori, aumento di prezzo dei servizi e degli affitti. Se lo stato si accollasse i soldi di una mossa ambientale sostenendo i prestiti e cancellando i debiti, si otterrebbe un balzo di pil e una ripresa ecologica senza precedenti. Alla luce di questi dati sarebbe opportuno un aumento fiscale redistributivo della ricchezza accumulata, a favore di erario e popolazione; che in tal guisa non impoverirebbe nessuno anziche’ gravare come oggi, la liquidita’ attentata dal Covid, di ogni fascia produttiva.

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