Manuel Grimaldi è amministratore delegato della principale società marittima italiana, nonchè presidente degli armatori italiani. La sua Grimaldi Lines infatti, offre lavoro diretto a circa dodicimila persone, con un indotto spalmato nel mondo, di cinquantamila.

Anche se i Grimaldi sono napoletani, appare paradossale la loro riluttanza ad operare nel porto di Napoli: a tal proposito infatti, le parole del presidente Grimaldi risuonano quanto mai sferzanti, in quanto egli descrive il principale scalo del meridione, quale un immenso contenitore di privilegi e di piccole posizioni di rendita. Il che viene difeso a scapito della produttività e dell’infrastrutturalità.

Allegando le dichiarazioni encomiastiche sui porti di Civitavecchia e Salerno, il presidente Grimaldi definiva l’infrastruttura portuale di Salerno, come la migliore in Europa. Invece l’autorità portuale napoletana, è stata tacciata è come responsabile per il mancato investimento dei fondi europei per ampliare la qualità del porto di Napoli.

Alla luce dei suddetti dati, diventa facile aprire una parentesi cupa sul mediocre clientelarismo che, giustamente deve in modo irreversibile garantire la sopravvivenza di interi comparti sociali.

Una sopravvivenza che sarebbe dovuta essere garantita a priori da investimenti nazionali, anzichè da investimenti delegati all’Europa. 

Il discorso è lungo ma Napoli è orba di quell’apporto finanziario imprenditoriale, che hanno beneficiato quelle realtà altrettanto grandi demograficamente, quali Genova, Anversa o Venezia stessa. Sta dunque bene che un operatore come Grimaldi tuteli la propria impresa autonomamente, gestendo i porti di Salerno, Civitavecchia, quelli maghrebini e quelli belghi, come già avviene. Tuttavia il problema , la tara dei pagamenti scarni e ritardatari degli operatori napoletani, non si può non risolvere a dispetto delle lamentele di Grimaldi, mediante una politica finanziaria che cambi regia; e non si affidi in maggioranza a fondi sovrani stranieri. Quei fondi che abbiano interessi economici affinchè l’inefficienza venga ripianata alla stregua di ciò che è avvenuto con l’aereoporto di Capodichino.

Suddetta linea manageriale affermerebbe solo l’importanza delle istituzioni finanziarie private e transnazionali, per la effettiva risoluzione di problemi atavici, causati dalla miopia politica o politico-amministrativa, tuttavia il modo per dipanare il problema e’ attuare delle strategie finanziarie nazionali, con moneta sovrana dunque illimitata, che si svincolino dallo strapotere dei fondi di investimento, al fine di garantire facilta’ ed espansionismo per le imprese, indipendenza, salari migliori volti a debellare il clientelarismo, e infrastrutture paritarie al sud come al Nord. La questione della densita’ demografica e della mafia come pretesti di immobilismo finanziario, non regge piu’, giacche’ ad onta di criminalita’ organizzata e pochezza popolativa, le infrastrutture di pregoo creano sviluppo e ritorni demografici.

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