I piu’ forti del mondo

Quando si parla di tardigradi si apre la porta sul mondo dell’invulnerabilità che, se declinato in chiave di benessere e in linguaggio artistico, vuol dire “imbattibilità”. Il più taciuto desiderio umano infatti converge nell’imbattibilità, non solo per il microcosmo della frustrata virilità degli oppositori  di Trump, ma anche per le donne inciampate nella spirale che vede l‘esteticità dettare le regole all’azione corrosiva dell’anzianità.

I tardigradi sono i più minuti fra gli esseri viventi, simili ad orsetti lunghi un millimetro ed impermeabili alle temperature glaciali, a quelle laviche, alla fame, alla sete ed alla mancanza di partner per la riproduzione. Presenti nei tronchi degli alberi ed in altri ambienti invisibili al distratto occhio umano, i tardigradi dispongono di capacità tali a rallentare o stoppare i ritmi biologici di assunzione di cibi ed acque allorchè questi scarseggiassero, sanno raffreddare o riscaldare il proprio sangue in relazione alle temperature dell’ambiente-tanto che sono gli unici esseri viventi a sopravvivere nello spazio- infine i tardigradi si riproducono, per molte specie, senza la fecondazione.

Prima della pubblicazione di risultati utili all’uomo derivati dai tardigradi, io ravvedo nella capacità di rimanere immoti o agire lentamente di questi esserini, una risorsa per la sopravvivenza da utilizzare tutte le persone. Persone che nella fattispecie non avvertono in sè le risorse di agire, subito ed in un modo o nell’altro, nella cornice di eventi traumatici o potenzialmente destabilizzanti. Ad esempio di tale genere di eventi, si può prendere un lutto o la fine di una storia amorosa che richiede azioni e andature immediate per non bloccare il percorso iniziato, o per riprendersi prima di lanciarsi in una nuova avventura. Questa considerazione si riallaccia alla recente ricerca che interpreta come azione anche nessuna azione; ovvero anche non fare nulla comporta un’azione, che corrisponde al principio logico che vede un atto anche nello sforzarsi di non far nulla. Alla luce di ciò è il caso di accettare il concetto che non tutti possono o riescono a fare il “dovuto”, il necessario o il richiesto, nei tempi prescritti dal pensiero unico, e questo in relazione a capacità di gestione diverse sotto tutti punti di vista: ognuno infatti, supera un dramma, un lutto, una separazione amorosa, familiare o affettiva, ma non con gli stessi tempi e le modalità di chiunque altro, o di chiunque venga preso ad esempio come una persona che fa bene ciò che si richiede. Ecco che i tardigradi superano tutto fuorchè i bruschi cambiamenti climatici, i quali li uccidono. E qui si riscontra un fattore che rende paradossalmente l’uomo più forte dei tardigradi grazie alla sua mente, per un motivo: l’uomo conosce in anticipo luoghi con temperature diametralmente opposte e prepara per sè l’equipaggiamento necessario per non perire in caso dovesse andare in una zona con molto dissimile sul piano climatico, da quella da cui l’uomo proviene. Ma l’uomo certe volte tende a soccombere a condizioni molto difficoltose o problematiche, che generalmente non hanno a che fare con i cambiamenti climatici differentemente dai tardigradi. Dunque per salvarsi, l’essere umano deve imparare in casi iper problematici, a rallentarsi fino all’immobilità in una sorta di auto ibernazione, la quale consente di recuperare energie e risorse psicofisiche mentre ci si plasma sulla “nuova” situazione esiziale, ma tenendo a mente che la finalità di questo processo, consiste nella sopravvivenza che poi darà adito ad una nuova fase di vita, di ripartire non appena le condizioni sufficienti di vivibilità, saranno state ricreate. Questa è una proprietà della vita stessa ma non inerisce l’epoca della pandemia in atto, allorche’ il tempo della passivita’ va interrotto per scongiurare una progressiva estinzione di massa. Cooperare, consorziarzi e manifestare quotidianamente, per il recupero dello stato antecedente, diventa l’imperativo categorico per gli italiani attanagliati da cesure, indigenza e virus.

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