Banche territoriali, rilancio comunita’ e problemi di razzismo

Riuscite a trovare un nesso tra la situazione bancaria nazionale o internazionale, o ambe due, e il nazionalismo con i fenomeni di neorazzismo?

Io ravviso nelle politiche bancarie statali, le ribalderie economiche nei confronti di piccoli azionisti che hanno visto evaporare i propri risparmi nel caso della “Boschi padre”; ancor prima tuttavia, ravviso nelle politiche bancarie statunitensi, il ceppo della crisi sistemica che ha fagocitato il mondo, con le conseguenti bancarotte di Irlanda, Portogallo e Grecia, oltre che parzialmente Spagna.

I sistemi economici, politici e professionali globali sono interconnessi e, dal punto di vista bancario, non sarebbe fourierista ammettere un fatto categorico: l’economia e la gestione manageriale delle banche devono attraversare subito un processo di svincolamento progressivo ma non totale, dal sistema bancario mondiale. Bando a sistemi di finanza creativa che sporadici fattucchieri alla Marchionne hanno saputo sfruttare per ridestare la posizione della Fiat presso la Borsa di Milano, la capillarizzazione di banche di proprietà di cittadini e percentuali ridotte di soggetti oriundi, disinnescherebbe un fenomeno esiziale; disinnescherebbe le reazioni neorazziste e neonazionalistiche dettate dal connubio di indigenza e frustrazione. Sono tali reazioni che remano contro i profughi africani o semplicemente i meridionali, entrambi in fuga dallo stallo economico delle loro terre native. 

Il processo cardine di questa entropia di banchi, crisi, indigenze e fughe di massa, sta nella negazione dell’assistenza economica verso i più deboli sul versante economico, e binariamente all’impedimento di emolumenti più che dignitosi ai soggetti più meritevoli sul piano professionale.

Non alludo dunque, dal punto di vista economico, alla creazione di “banche morali  tutto fare” ma all’incentivazione di economia territoriali partecipate con un obiettivo focale: iniettare rinnovato senso di appartenenza e di comunità, in maniera quasi indipendente dai conglomerati di potere economico e politico centrali, e globali.

Gli antidoti alla degradazione umana, politica, gestionale, economica e sociale, ci sarebbero anche facendo a meno delle contemporanee “crocifissioni” economiche.

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