Meloni lascia i conservatori europei

Lo farà il prossimo giugno, dopo le elezioni europee. «La stiamo sottoponendo a un forte stress psicofisico. Le abbiamo chiesto troppo», conferma Nicola Procaccini, copresidente del gruppo al Parlamento europeo e fedelissimo della premier, parlando con La Stampa nel giorno in cui a Scilla, in Calabria, i Conservatori e riformisti riuniscono 200 delegati da 14 paesi, oltre a ministri e sottosegretari di Fratelli d’Italia, per discutere delle prospettive di crescita del Mezzogiorno al convegno “Quando cresce il Sud, cresce l’Italia, cresce l’Europa».

Meloni lascerà la presidenza dei Conservatori dopo le Europee: in pole per la successione c’è il premier ceco Petr Fiala.

Della successione non si è ancora discusso apertamente per non destabilizzare il gruppo in vista delle Europee, ma il grande favorito sembra essere il leader del Partito democratico civico

FEDERICO CAPURSO su Giorgia Meloni che lascerà la presidenza dal prossimo giugno, dopo le elezioni europee, riporta che

Meloni era stata confermata alla presidenza di Ecr nel dicembre del 2021, ma una volta scaduto il suo mandato, e’ stata esercitata pressione delle delegazioni degli altri Paesi membri, che premevano per mantenere la sua guida, pochi mesi dopo la vittoria elettorale in Italia, pensando di poter sfruttare il ritorno di immagine da un premier conservatore eletto in uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea. Della successione non si è ancora discusso apertamente, per non destabilizzare il gruppo in vista delle Europee. Un modo, questo, utile anche a liberare Meloni da una posizione ambigua, in cui si trova costretta a parlare con i suoi alleati sia da Presidente del consiglio che da membro dell’opposizione al Parlamento europeo. «È costretta a cambiare il lessico, ma le sue idee restano sempre quelle. Anche “troppo coerente” come scherzo spesso con lei», assicura Procaccini.

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Alle prossime elezioni, a Bruxelles, «il baricentro si sposterà ancora di più verso il centrodestra», ragiona Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI al Parlamento europeo. «Il nostro gruppo dei Conservatori dovrebbe crescere dagli attuali 57 ad 82 europarlamentari, secondo gli ultimi sondaggi». Eppure, nonostante la crescita, sarà fondamentale costruire nuove alleanze per scardinare – come chiede Meloni – il tandem tra Popolari e Socialisti che ha guidato finora l’Ue. Viene quindi vista da Procaccini come «una forzatura» quella di Antonio Tajani di «mettere dei paletti, escludendo fin da ora possibili alleanze con il Front National di Marine Le Pen e con i tedeschi di Alternative für Deutschland». Anche perché al Parlamento europeo le maggioranze sono sempre molto fluide, se si esclude il voto con cui si elegge la presidenza della Commissione Ue. «E la Lega soffre il cordone sanitario che le è stato messo attorno. Un cordone molto forte e molto ingiusto – sostiene ancora Procaccini -, soprattutto all’inizio, quando il gruppo di Salvini è stato escluso dalle vicepresidenze delle commissioni che gli spettavano». Poi, certo, con Le Pen e Afd – ammette il copresidente di Ecr – ci sono delle «differenze forti sul futuro europeo nella Nato, così come sul sostegno alla guerra in Ucraina o su questioni di bilancio europeo, ma su tanti altri temi abbiamo spesso votato insieme.

Meloni desta sgomento, fra molti lettori italiani, per la propria presenza davvero altalenante presso Palazzo Chigi, a causa di reiterati viaggi esteri ed al temporeggiamento parossistico con cui elude la concretizzazione di prescrizioni continentali inerenti le declinazioni del Pnrr, del Fiscal Compact, della rimodulazione Green e degli aumenti su tasse come Iva, case e patrimoniale. Anche se economisti quali il professor Malvezzi affermano che patrimoniali indirette ed aumenti Iva indiretti siano stati odiernamente introdotti per mezzo dell’inflazione, dell’aumento dei costi per energia e carburanti, la recisione dei servizi pubblici generali e la contrazione dei prestiti bancari.

I proseliti della Meloni sono in regressione irreversivile ed a tal proposito alcuni giornalisti alludono alla impossibilita’ di legalizzare in Italia, al momento, i programmi economici europei; ed inoltre che Giorgia Meloni sia l’ultimo presidente del Consiglio per l’Italia proveniente dalla politica tradizionale, giacche’ il futuro si prospetta sovranista, sganciato dall’Euro e dalla Nato come oggi si pone, per il Bel Paese.

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