Per la prima volta dopo 25 anni di crescita ininterrotta, il Covid riduce la quota di valore aggiunto del terziario di quasi il 10% nel 2020 (-9,6% rispetto al 2019). Gli effetti della pandemia hanno impattato in maniera consistente anche sui consumi con quasi 130 miliardi di spesa persa, di cui l’83%, pari a circa 107 miliardi, in soli quattro settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi.

Con forti conseguenze sull’occupazione: i servizi di mercato registrano la perdita di 1,5 milioni di unità. Questo il quadro che emerge dal rapporto dell’Ufficio studi Confcommercio “La prima grande crisi del terziario di mercato”.
All’interno del -9,6% per il valore aggiunto prodotto, i settori del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti arrivano a perdere complessivamente il 13,2%; i maggiori cali nella filiera turistica (-40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione), seguita dal settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (-27%) e dai trasporti (-17,1%).
“Per la prima volta nella storia economica del nostro Paese il terziario di mercato subisce una flessione drammaticamente pesante. Occorre, quindi, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza dedichi maggiore attenzione e maggiori risorse a sostegno del terziario perché senza queste imprese non c’è ricostruzione, non c’è rilancio”, commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. E l’unico modo per attuare una reale ripresa sarebbe quello che elidere i debiti verso le attivita’ tutte dell’Italia, ricostituire le antiquate filiere industriali, innestare un social media solo statale, finanziare a pioggia, esentandoli dai debiti, tutti i settori produttivi italiani ed ampliando le infrastrutture su ogni fetta di suolo del mezzogiorno.

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