Stupro di Palermo

Di Rita Lazzaro

Ho sentito parlare di ‘rieducazione’ per gli stupratori. Ma come si fa a pensare di rieducare una persona e lasciarla nuovamente in giro dopo che ha rovinato una ragazza?».

Sono queste alcune delle parole della lettera scritta dalla ragazza vittima dello stupro di Palermo avvenuto lo scorso 7 luglio e letta integralmente a “Zona Bianca”, il programma condotto da Giuseppe Brindisi in prima serata su Retequattro.

«Perché lasciarmi condizionare l’esistenza così tanto da persone che vogliono solo questo? Devo andare avanti, voglio farlo, controvoglia, ma devo riuscirci. Non solo perché voglio una vita migliore ma anche per mia madre, che nonostante fosse molto malata e bloccata a letto, si faceva sempre vedere col sorriso».

Parole dal sapore contrastante che sanno di rabbia e amarezza ma anche di riscatto e speranza.

Una speranza accompagnata anche dal legame di empatia che si è venuto a creare tra la vittima ed altre donne che, come lei, hanno vissuto sulla loro pelle il suo stesso orrore.

«Ragazze che hanno subito violenza mi scrivono “vorrei la tua forza”»

È la stessa 19enne a raccontarlo, durante una live sui social.

«Mi scrivono delle ragazze che hanno subito violenza come me e mi dicono: avrei voluto avere la tua forza di denunciare».

Ma la giovane vittima non ha ricevuto solo la vicinanza di chi, come lei, ha vissuto l’incubo di uno stupro, bensi’ ha ricevuto altresì una valanga di attacchi: dall’ avere uno stile di vita “troppo disinvolto” all’essere stata addirittura consenziente.

Critiche e insinuazioni che alla fine hanno portato la ragazza a sfogarsi su Instagram con un vero e proprio grido di esasperazione:

“Sono stanca, mi state portando alla morte” .

Uno sfogo che non prometteva nulla di buono, al punto da portare le autorità a trasferirla, il 29 agosto, in una comunità protetta fuori dal capoluogo siciliano, accompagnata da carabinieri ed assistenti sociali.

Un centro – attrezzato per casi come il suo – dove le sarà offerta anche la possibilità di lavorare.

Un continuo processo alla vittima anziché ai suoi carnefici, tutti e sette in carcere, la cui posizione di certo non migliora con quanto emerso nelle ultime settimane.

Come i nuovi frame dei video delle telecamere di sicurezza che hanno portato nuovi riscontri agli inquirenti. Immagini riprese dalle telecamere di un locale della Vucciria dove la vittima sembra a stento reggersi in piedi, tenuta a forza da due ragazzi, con uno che la sorregge alla vita e l’altro che la mantiene in piedi e la palpeggia.

La ragazza posa la testa sulla spalla di uno dei due accanto a lei, ancora intontita. Attorno a lei gli altri che ridono davanti a quella scena.

“Falla ubriacare, poi ci pensiamo noi”.

È così che inizia l’incubo della 19enne.

L’invito a farla bere era rivolto da uno degli indagati all’oste, un ambulante che vendeva alcol nel quartiere della Vucciria.

La ragazza, poco dopo, è stata condotta dai sette in una zona appartata del Foro Italico dove si è consumata la violenza di gruppo.

Una seconda telecamera riprende il gruppo dopo 10 minuti, in corso Vittorio Emanuele, dove si vedono i sette con la 19enne che camminano verso il Foro Italico e scompaiono dalla copertura delle telecamere. Riappariranno dopo un’ora e 24 minuti, quando saranno ripresi mentre si allontanano dal lungomare per andare a cenare in una rosticceria.

Almeno in cinque, a detta della ragazza, l’hanno costretta ad avere rapporti sessuali, mentre Angelo Flores, il più grande della comitiva, riprendeva lo scempio.

Immagini macabre che si aggiungono alle chat altrettanto orripilanti dei carnefici.

“Lo schifo mi viene, perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco ma però che dovevo fare? La carne è carne”.

Uno schifo che è stato seguito da un ulteriore schifo: il processo alla vittima.

L’ ennesima e amara conferma di una società improntata sul principio secondo cui “ se non ti ubriachi, il lupo lo eviti”.

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