Spalletti despota

Di Pippo Trio

SPALLETTI PRESUNTUOSO E DESPOTA ACCENTRATORE CON GRANDI DIFETTI DI COMUNICAZIONE.
ANCELOTTI, UMILE E DEMOCRATICO VERSO COLLABORATORI E CALCIATORI, SENZA PERDERE NULLA DEL SUO CARISMA IN CAMPO E NEL RAPPORTO CON I MEDIA, SEMPRE RISPETTOSO E RISPETTATO!
QUESTE ALCUNE DIFFERENZE CHE PASSANO FRA UN BUON TECNICO COME SPALLETTI ED IL SUO PIÙ ILLUSTRE COLLEGA ANCELOTTI!

di Pippo Trio

I paragoni fra calciatori e soprattutto fra allenatori sono sempre antipatici e da evitare. Ma molte volte servono non tanto per stilare classifiche sull’abilità tecno tattica, perché a certi livelli tutti gli allenatori sono preparati, e conoscono ogni aspetto dal punto di vista fisico, tecnico e tattico. Eppure la differenza sostanziale che noi notiamo fra un bravo allenatore ed un grande tecnico sta che a parità di valori professionali la differenza sta nella leadership, nel carisma e nel l’interpretazione del ruolo. Purtroppo oggi c’è questo strano trend che vuole la figura dell’allenatore come centrale nell’economia del gioco, delle regole interne ad uno spogliatoio, e di totale riferimento per tutto quello che riguarda l’area sportiva e tecnica. Per certi versi tutto questo è anche giusto perché la responsabilità di una squadra, dei suoi comportamenti in campo e fuori sono sicuramente del tecnico, tranne però quando il tecnico fa pesare eccessivamente il suo potere decisionale. L’allenatore che quando parla dice “il mio calcio” sta già sbagliando strada. Il calcio non è di nessuno e nessuno se lo inventa dopo essere stato scoperto qualche secolo fa- al massimo lo si può interpretare a seconda delle proprie idee e concetti, che sarebbero sempre meglio discuterli e confrontarli in primis con lo staff, poi con i calciatori e visto che professionalmente oggi sono obbligati a rilasciare interviste ai media, magari discuterne anche in sala stampa- non fosse altro che per informare il pubblico degli appassionati che ne hanno tutto il diritto, chiaramente senza alcun potere decisionale ma anche per poter esercitare tutti il diritto di critica. Le recensioni, i feed oggi sono fondamentali per capire trend e gusti, e siccome il calcio è anche spettacolo come tutti gli spettacoli va anche recensito, senza doversi risentire eccessivamente di opinioni e critiche anche perché non incideranno mai più di tanto sulle scelte dei responsabili, però è anche bene rispettare il gradimento o meglio quello che al pubblico ed agli operatori di spettacoli gli si offre. Insomma la critica è sacrosanta da parte dei media che pagano fior di soldi per i diritti tv e le interviste ed il pubblico che paga per tutti.


In questi giorni post eliminazione della nazionale si sono aperti più dibattiti e tavoli di analisi per capire il fallimento della nazionale italiana in Germania, e chiaramente si è attribuita a questa sconfitta tutta una serie di carenze pur evidenti ma datate nel tempo e comunque non determinanti al pessimo risultato estemporaneo, altrimenti se fossero determinanti avrebbero dovuto esserlo anche nello scorso Europeo dove invece la nazionale si è laureata campione d’Europa. Poi c’è la solita lamentela sui pochi investimenti nei settori giovanili e che nei nostri campionati vi sono troppi stranieri. Tutti aspetti comuni anche al resto delle nazioni europee, tranne che all’estero hanno più cura dei settori giovanili e sulle strutture. Ma anche in questo caso si tratta di problemi annosi che c’entrano poco, o perlomeno non così direttamente, sulla eliminazione dell’Italia e per il modo in cui è avvenuta. Allora la vera responsabilità, non può non riguardare il presidente della FIGC Gravina ed ancor di più il Commissario Tecnico Spalletti, perché al netto delle responsabilità manageriali di Gravina, poi a determinare il risultato sportivo è stata la prestazione del tecnico e dei suoi calciatori, il cui fallimento è riconducibile solo ed esclusivamente alle loro prestazioni. Spalletti in quanto leader indiscusso ha avuto il torto di personalizzare eccessivamente la spedizione, con le scelte dei convocati, delle squadre mandate in campo e delle strategie tecnico tattiche, nonché della preparazione atletica ed anche mentale. Tutto questo non ha nulla a che fare con le carenze di cui sopra, ma solo per le scelte e le decisioni errate adottate da Spalletti che si è preso anche la briga di mettere su un decalogo di regole comportamentali neanche fossimo al collegio od al liceo; e farlo con giocatori professionisti risulta come un affronto alla loro immagine ed professionalità. Quando ci permettiamo di paragonare un tecnico all’altro, lo facciamo solo per far notare la differenza di gestione e la capacità di incidere positivamente sul gruppo giocatori e dell’ambiente circostante, me già e tifosi compresi. Quando allenatori come anche Spalletti personalizzano troppo il ruolo, pretendono che si faccia categoricamente come loro stabiliscono, si innesca immediatamente una reazione contraria, perché nessuno al mondo segue alla lettera come un robot le direttive che gli vengono imposte. I calciatori sono persone, non sono macchine, hanno il proprio carattere, la propria fantasia, la propria etica e professionalità. Trattarli come ragazzi viziati da sculacciare ogni volta è sbagliato. Ed in questi casi allenatori troppi accentratori che pretendono essere l’unico punto di riferimento in modo monomaniacale, al di là di qualche beneficio che questo tipo di approccio possa portare, alla lunga stanca e logora tutti. Chiaramente quando le cose vanno bene non conviene a nessuno mettere in discussione l’allenatore che giustamente si prende i meriti del risultato positivo, ma poi se vanno male deve anche prendersi il demerito, anziché scaricare su altri, e soprattutto non dovrebbe mai scaricare le colpe addossandole solo ai calciatori o peggio ancora a tutto il sistema, dal momento che ne è parte integrante. Dal punto di vista tecnico e sportivo gli allenatori accentratori sbagliano ad esserlo anche in campo, perché pretendere il gioco a memoria telecomandato, senza curarsi di ruoli, caratteristiche dei propri calciatori e degli avversari è sbagliatissimo, non solo per una questione di tattica e strategia ma anche perché impedire totalmente la fantasia, la creatività, il talento dei propri calciatori in cambio di 11 soldatini ubbidienti che recitano a memoria, può anche essere utile in certi frangenti della partita ma mai in tutta la durata della stessa o del torneo. Perché allenatori come Ancelotti alla fine pur non impressionando per gioco a memoria e rigore tattico alla fine hanno quasi sempre la meglio? Perché Ancelotti è un allenatore democratico, accetta di confrontarsi con staff e calciatori, delega senza accentrare pur rimanendo leader indiscusso, carismatico e disponibile. Dal punto di vista sportivo è uno che alleva il talento, lo asseconda qualsiasi sia l’età e l’importanza del calciatore. Vecchi e giovani, star e giocatori normali, lui non fa differenza. Giocatori come Bellingham, Vinicius, Canavinga, ma anche i vecchi Kroos, Modric e Joselu con lui sono liberi di esprimere le loro qualità ma pur sempre al servizio del gruppo squadra. Chiedetevi perché Ancelotti è così stimato fra i calciatori che ha allenato e non, perché tutti lo adorano come personaggio, perché non esiste giornalista od opinionista che non lo rispetti. Tutto questo ha un valore che poi si traduce in vittorie, e ad oggi è senza dubbio il tecnico se non più bravo, ma sicuramente il più vincente, e nel calcio come in tutti gli sport è sicuramente importante partecipare, ma è altrettanto importante vincere, e Ancelotti vince! Sarà un caso che abbia allenato nei maggiori top club in d’Europa? Sarà un caso che il Real Madrid lo richiama ancora una volta ad allenare i blancos. Sarà un caso che la nazionale più prestigiosa al mondo, il Brasile, voglia affidargli la nazionale verde oro? No, non è mai casuale al netto anche della fortuna che spesso lo accompagna, ma la fortuna aiuta gli audaci che ci provano a vincere, perché se non si hanno ambizioni di vittoria e non si prova a vincere, la fortuna neanche interviene- ammesso che esista e non stiamo parlando di un’entità astratta-. Ed allora la differenza che passa fra uno Spalletti ed un Ancelotti sta tutta nella gestione, nella mentalità, nella lucidità di capire come essere leader carismatico e vincente in un gruppo squadra. Se non ce lo soffia prima il Brasile, sarebbe auspicabile che Ancelotti chiudesse la carriera di grandissimo tecnico alla guida della nostra nazionale: sarebbe sicuramente una Nazionale all’altezza della sua storia e della cultura calcistica di una delle migliori scuole di calcio al mondo. Questo è non solo il nostro pensiero su Cityweek, ma anche una realtà oggettiva relativa ad un paese come il nostro in passato leader mondiale ed oggi ridotti peggio di Svizzera, Slovenia, Slovacchia, Georgia, oltre che di tutte le solite grandi nazionali di calcio.

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