Per il 7 maggio i ristoratori dell’associazione “ Imprese dell’ospitalita’” hanno deciso di riaprire a pranzo e cena ed all’interno, adeguandosi alle direttive anticovid fuorche’ quella relativa al pass vaccinale. Lo fanno in seguito agli assembramenti dei tifosi dell’Inter in occasione dei festeggiamenti per lo scudetto, per mera autoconservazione; infatti le imprese che piu’ hanno pagato le asperita’ del Covid sono state quelle della ristorazione e del turismo, le quali inizialmente hanno dovuto indebitarsi per adeguarsi alle misure pandemiche, ma hanno visto un veto alle riaperture continuative, con l’onere di buttare il cibo acquistato e perdere l’investimento di modifica spaziale; inoltre gli imprenditori della gastronomia e del turismo contestano i numeri dei contagi e le misure prese per contenerli, che hanno riguardato solo le fasce anziane e non i giovani, i quali a prescindere dai vaccini, non si ammalavano e comunque tendenzialmente non morivano. All’agonia delle imprese alberghiere e della ristoratore si e’ aggiunta la questione irrisolta degli affitti che si scaricavano ulteriormente sul loro capitale sociale, binariamente ai giganti americani del delivery che prendono il 30% su ogni ordine versandone le tasse all’estero.

Se a cio’ si aggiunge che la ristorazione ed il turismo sono state definite da Draghi “morti che camminano ergo da orbare di finanziamenti per velocizzarne la chiusura”, si deduce una rabbia ed una reazione ortodosse da parte dell’intero comparto. A cui e’ annesso direttamente o indirettamente il costo degli interessi derivanti dal Recovery fund, il quale nel “Gruppo dei trenta” dove due decenni staziona Draghi, non sono previsti aiuti risolutivi a ristorazione e imprese territoriali del turismo. A tal punto diventa lapalissiano il motivo che spinge a trasgredire le proscrizioni governative, ossia l’autotutela che spetterebbe allo stato italiano attuare.

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