Ricerca anti invecchiamento ed Alzheimer post Covid: parola a Scapagnini

“Mi occupo molto di nutrizione, recentemente dal punto di vista accademico, però in buona parte la mia carriera l’ho sviluppata studiando i meccanismi biologici dell’invecchiamento ed ho avuto anche la fortuna di incappare in modelli molto originali che mi hanno permesso di pubblicare molto bene, di fare anche abbastanza carriera all’estero. Prima di tornare in Italia, dove sono stato  posizionato nella prestigiosa università italiana del Molise e sono lì da 15 anni: sto veramente molto bene perché riesco a fare più o meno le mie cose abbastanza tranquillo e nell’ambito di quelle che sono le mie competenze collegate all’invecchiamento e  soprattutto nel periodo americano; ma poi di fatto è rimasto uno dei temi centrali delle attività di ricerca del gruppo che coordino,cioè l’invecchiamento dell’organo che consideriamo da un punto di vista delle leggi più delicato, cioè più predisposto all’invecchiamento sul piano della nobiltà; probabilmente l’organo dove identifichiamo maggiormente il nostro stesso essere,cioè il nostro cervello. Il cervello da un punto di vista scientifico resta un pianeta inesplorato. Innanzitutto in una logica quasi metafisica è l’unica forma di macchina del tempo che conosciamo realizzata,  nel senso che partiamo da un concetto molto filosofico associato all’invecchiamento in quanto tale.

È vero che la struttura cerebrale invecchia, è vero che la nostra coscienza accumula esperienza, ma tecnicamente non invecchia. Cioè io sono esattamente quello che ero quando avevo 18 anni con più esperienze, ma non ho nessuna percezione di invecchiamento intesa come senso del sé da un punto di vista biologico. Come tutti gli altri organi, il cervello segue una traiettoria verso l’invecchiamento, però rispetto agli altri organi ci permette di fare viaggi nel tempo. Nel senso che posso con una certa lucidità( stasera un po’ meno), normalmente riesco a ricordare buona parte degli eventi passati, ma soprattutto riesco a sviluppare eventi predittivi oggi e mi vedete così sconvolto perché arrivo da Roma, dove ho girato una trasmissione che andrà in onda domenica su Rai uno. Si è parlato della musica e della incredibile capacità del nostro cervello di organizzare le armonie. Cioè, sembra una cosa banale, ma in realtà non lo è per niente. Nel senso che se faccio sentire un pezzo di musica ritmata a una scimmietta o ad un pappagallino, posso insegnargli ad andare a tempo, cosa che nella antropizzazione addirittura dei cani cercano di dare un ritmo, ma d’istinto non lo fanno.

Mentre un bambino, due anni senza nessun tipo di insegnamento distinto, inizia a muoversi a ritmo, cioè la percezione del ritmo e delle armonie interferiscono in maniera autonoma dai circuiti linguistici col nostro cervello. Questa cosa è una cosa di cui non abbiamo assolutamente nessuna idea, però è un qualcosa che sicuramente ha molto a che fare con dimensioni ancora totalmente inesplorate del nostro cervello. Ora, nell’ambito delle cose inesplorate del cervello, è vero che il cervello è una macchina del tempo. È vero anche che, come dicevo , e’ l’organo più predisposto all’invecchiamento, comunque più suscettibile ai danni drammatici di un invecchiamento patologico come le patologie neurodegenerative. Una delle cose che ha preoccupato maggiormente la sanità pubblica fino all’innesco della pandemia da SARS. Altra era l’andamento epidemico della demenza, in particolar modo della demenza di Alzheimer, che di per sé raccoglie l’ottanta per 100 delle forme di demenza sporadiche. Si sta in pieno Alzheimer familiare ma quella è una malattia genetica e ormai non è più del 3% perché è aumentato tutto il resto delle varie forme di demenza. Però dicevo la tendenza epidemica nella realtà non si è rallentata:solo l’attenzione nei confronti di patologie croniche è un po scemata perché siamo stati travolti dal problema della pandemia, quindi di una situazione di emergenza legata ad un’infezione addirittura, quindi una malattia incredibilmente acuta nel nostro concetto, alla vecchia maniera in cui gli ospedali avrebbero dovuto supportare, cosa che non funziona per le malattie croniche, la salute delle persone.

E siccome però non eravamo più preparati a questo, il sistema sanitario  non lo ha fatto in maniera molto adeguata nel momento peggiore. E come sappiamo purtroppo tutta la storia come è stata vissuta però dicevo da un punto di vista dei dati numerici, il trend non è migliorato per niente anzi diciamo che la cosa è peggiorata sensibilmente nel post pandemia ed ora ci andiamo un attimino però questi sono i dati globali; ma ve li dico in maniera più spicciola. A livello italiano in questo momento in Italia 1000000 e 300000 persone sono affette da demenza. La  previsione più ottimistica dal 2000 e 50 è una triplicazione dei casi: vuol dire 150 milioni di pazienti globalmente. E da un punto di vista italiano all’incirca un anziano su tre adesso è un anziano su nove.  Evidentemente sono cifre non sostenibili, perché come voi ben sapete la demenza, in particolar modo quella di Alzheimer, non solo non ha cure ma è anche una malattia imprevedibile in termini di prognosi, quindi con dei costi sociali mostruosi dal punto di vista dell’ organizzazione e della gestione dell’umore collettivo delle persone intorno al paziente di Alzheimer. A fronte di una mancanza di strutture adeguate di gestione del malato come vi dicevo, il compito ha peggiorato sensibilmente la situazione e voi forse avrete sentito parlare di quel fenomeno che ha preso l’attenzione dei media per qualche mese.

Finita la crisi profonda del Covid, ma di cui adesso si parla un po’meno, e che invece da un punto di vista scientifico ha mantenuto totalmente l’attenzione che quel fenomeno definito long covered, cioè la persistenza di sintomi senza più l’infezione virale. E sapete anche, forse ne avete sentito parlare, che le principali forme sintomatiche rappresentano fatica quindi stanchezza: è un fenomeno insieme al brain fog. Annebbiamento mentale vuol dire deficit cognitivo lieve tecnicamente associato ad uno stato di convalescenza. E questa circostanza è stata fortemente associata all’innesco di fenomeni infiammatori non contenuti all’interno del sistema nervoso centrale. Parlo del brain Fog e parzialmente anche della fatica. Questo fenomeno in effetti è un fenomeno molto più ampio e molto più preoccupante che io ve lo dico, tanto non c’è soluzione, però, nel senso che soluzioni se ne stanno immaginando molte ma vi dico qual è la cosa che ha messo-come dire non lo voglio dire in maniera volgare la dico in maniera più educata-, ha  messo molta molta preoccupazione nel contesto del di chi si occupa di sanità pubblica. E’il fatto che ci si è resi conto che l’infezione da SARS due cioè da Covid 19 credo non so in questa stanza quante persone ne sono state immuni:c’è qualcuno che non ha avuto niente. Ecco vedete i casi sono pochini. L’infezione da Covid ha aumentato i casi di demenza senile e sintomatologia di Alzheimer. Ci sono studi che hanno certificato come alcune sostanze naturali e chimiche, tra cui variegate componenti degli integratori qui discussi, sono in grado di fermare il processo di invecchiamento neurologico ed in certi casi, farlo regredire. Ovvio che al momento non disponiamo di cure certe ed efficaci in modo totale, per rintuzzare od elidere Alzheimer e demenza senile, tuttavia le ricerche sui prodotti, enzimi e molecole che hanno avuto un ottimo impatto su suddette patologie, proseguono a ritmo serrato.

E che l’incontro con il virus abbassa l’asticella di quello che è l’inizio del processo di invecchiamento fisiologico, cioè in termini di biomarcatori delle aging. Clock jeans che sono i geni cioè l’epigenetica dei geni collegati all’invecchiamento, e’ forse il marcatore più attendibile di quella che potremmo definire l’età biologica. E un marcatore molto utilizzato, ma meno attendibile, ma comunque molto solido scientificamente, è la lunghezza o meglio la velocità di accorciamento dei telomeri, che sono del materiale genetico sopra i cromosomi e che si accorcia in proporzione all’andamento dell’invecchiamento. Eh, diciamo più o meno ha un’impennata di peggioramento vicino ai sei sette anni. È come se avessimo perso sette anni di età biologica con l’infezione del gomito e questo, a livello cerebrale, sembra essere una delle motivazioni per cui quei numeri che vi ho detto prima sembrano oggi ottimistici e non drammatici. Cioè, come erano prima, erano visti già come una cosa terribilmente drammatica.

O meglio, voi sapete che le terapie ufficiali sono due,  gli inibitori come l’acetilcolina  dove il Donepezil è stato il primo, ma hanno un’efficacia che è stata valutata significativa nel 28% dei pazienti. Vuol dire molto poco ma soprattutto la durata dell’efficacia  è abbastanza ridotta, cioè gli effetti positivi si percepiscono al primo anno, poi dopo un po’ vanno a scemare la mattina, che è  più collegata ai meccanismi biologici che nel caso degli inibitori di colesterolo aumenta il tono dell’acido il colina. Perché blocchi la degradazione di quello che è neurotrasmettitore della memoria:  nel caso la mattina inibisce l’azione  cito tossica dei recettori in mediato di glutammato. Scusate vado un po a cioè sono cose che non tutti hanno immediatamente percepito però insomma non mi dilungo troppo perché sennò giacché io faccio sempre questa cosa ma poi purtroppo succede sempre così. Dico sarò breve sarò breve stasera vado velocissimo cioè ho 60 diapositive e questa sarebbe la lieve introduzione, però era per creare un po il pathos.

Vabbè, vi ho rasserenato sul futuro dell’umanità. A conforto ulteriore, come vi dicevo, non ci sono terapie, cioè non c’è n’è ce n’è pochissime.Quel che va rimarcato e’ che attualmente, sono fondamentali per la cura, l’isteresi o la prevenzione dell’invecchiamento cellulare neurologico, attivita’ motoria costante, lettura ed attivita’ culturali e sociali, attorniati da coniugi ed amici che rappresentino soggetti stimolanti, interessanti, istruiti e piacevoli sul piano intellettuale”.

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