Reddito cittadinanza privatizzato

REDDITO DI CITTADINANZA PRIVATIZZATO. LE LOBBIES DELLE AGENZIE DI RECLUTAMENTO PRIVATE SOSTITUIRANNO I CENTRI PER L’IMPIEGO BOICOTATTI FIN DALL’INIZIO.

Di Antonio Picariello e Francesco Paolo Tondo
Alla fine pare proprio che ci siano riusciti. I “migliori” privatizzano il Reddito di Cittadinanza. Il mito del privato a servizio del pubblico, un mito tutto italiano ma di matrice americana e britannica per intenderci, si ricicla su di un campo che in 30 anni lo ha visto attento, come sempre, solo al proprio profitto.

Basta scorrere gli annunci delle principali agenzie per capire quale sia il gioco al quale il governo vuole giocare. Per il 90% le offerte di lavoro sono tutte localizzate al centro nord; richiedono personale qualificato e offrono salari da sussistenza. Il restante 10% è dislocato a Sud con salari da fame. L’intento, per niente velato, dunque è sempre lo stesso: portare al nord il meglio del Sud sottopagandolo, ma comunque offrendo di più di quanto potrebbe guadagnare se rimanesse e ammesso e non concesso che riuscisse a trovare un lavoro.

E così una misura studiata per immettere nel mercato del lavoro i disoccupati (in maggioranza a Sud) e tra loro principalmente il personale meno qualificato, si trasforma per l’ennesima volta in una misura per favorire l’emigrazione e lasciare nella miseria, e soprattutto nelle mani del lavoro nero e della criminalità, le fasce più deboli del paese.
È fuori discussione che il RdC così com’è funziona poco, ma ci si è mai chiesto il perché? Da quando il mito della privatizzazione ha cominciato a spopolare in Italia, la situazione è andata via via peggiorando. Uno su tutti il caso autostrade. E da quando le agenzie private hanno sostituito gli uffici di collocamento, il mercato del lavoro non ha certamente visto miglioramenti tanto quanto l’occupazione italiana e men che meno a Mezzogiorno.

E così l’ipotesi di mettere in panchina i centri per l’impiego viene giustificata attraverso la carenza di personale e l’incapacità di trovare lavoro agli utenti. Si vuole, insomma – di nuovo dopo 30 anni di fallimenti – fare leva sulla ectoplasmica sinergia tra pubblico e privato che “ancora” latita e che in verità non c’è mai stata poiché a prevalere, in qualsiasi settore, sono sempre stati gli interessi dei privati di fronte alla incapacità di garantire servizi da parte dello stato. E di questo passo la latitanza della “sinergia” sarà molto lunga.
Tornando al perché il RdC funzioni male, secondo la sottosegretaria Nisini “esiste un 96% di opportunità lavorative gestite dal mondo privato attraverso le agenzie per il lavoro al quale bisogna attingere”. Come a dire che i centri per l’impiego lavorano solo per il 4% del totale. La tara dell’uiniverso e conomico privatistico rimane, a fronte di aumenti fiscali e bloccaggio di investimenti pubblici sgravati di debiti, la statalizzazione delle perdite e la personalizzazione deghi “incassi”. Alla stregua di ciò che avviene nel mondo anglosassone per i nocumenti da vaccino accertati: risarcimenti elargiti da erario pubblico anzichè da risorse private. Inoltre, nella fornitura di servizi privati sottoforma di “forme pubbliche”, si assiste ad una chiusura totalerispetto alla concorrenza e reiterati rinnovi ultratrentennali.

La realtà è certamente questa, ma quello che accuratamente si omette di dire è che i centri per l’impiego ancora attendono che entrino in servizio gli oltre 11 mila operatori promessi dal governo gialloverde e della quale la Nisini faceva parte. Le Regioni, responsabili delle assunzioni, si sono mosse in ritardo (di proposito?) e così all’appello mancano circa 10 mila operatori. Non sorprende quindi che i centri per l’impiego non siano riusciti a dare la svolta sperata e, a pensar male si, si potrebbe azzardare una ipotesi: boicottaggio.
Tuttavia anziché sbloccare le assunzioni dei navigator e creare occupazione, magari esautorando le regioni dal compito e istituendo un’agenzia nazionale per l’impiego con sedi dislocate sul territorio, si ricorre al privato perché non sia mai detto che si tolga il pane dai denti di chi ha già davanti un lauto banchetto.

Non solo. “Tutte le offerte saranno tracciate, a differenza di come avviene adesso, e così chi si rifiuterà di lavorare non potrà più farla franca”, dice la leghista (e ho detto tutto) Nisini. Tracciamento che con 10 mila unità in più, probabilmente, non si farebbe fatica a mettere in piedi all’interno di una banca dati nazionale per avere un quadro completo delle domande e delle offerte di lavoro. Ma tant’è, tutto questo lo stato non è capace di garantirlo né di farlo, nonostante le tasse dei contribuenti!

E non è tutto! Si valuta anche la possibilità di accorciare da tre a due mesi la durata dei contratti che non possono essere rifiutati e chi ha solo la quinta elementare dovrà seguire un percorso di studio o gli verrà chiesto di rinunciare all’assegno.

Ecco che il progetto prende corpo: formare chi non ha adeguata preparazione per poi farlo emigrare altrove con buona pace della famiglia e della terra di origine.

Prepariamoci quindi ad una nuova emigrazione di massa scaturita in primis dall’assurdo riparto del Pnrr, passando per le concessioni a Confindustria fino ad arrivare al nuovo RdC che sarà solo la ciliegina sulla torta destinata sempre e solo ai soliti membri delle lobbies italiane.
*M24A ET – Campania

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