Altra ed aggiornata provocazione malcelata dal cuoco di prestigio Bottura, contro la pizza e Napoli medesima: Gimmo Cuomo scrive che lo chef emiliano Bottura, in un’intervista al presidente e co-fondatore di Linkedin, ha affermato: «La macchina elimina del tutto gli errori umani».
«La pizza napoletana può essere replicata perfettamente a Modena come nella Repubblica Ceca attraverso l’intelligenza artificiale». Parole e musica di Massimo Bottura, patron e chef dell’Osteria Francescana di Modena, ritenuto non solo uno dei professionisti, dal punto di vista tecnico, più bravi al mondo, ma anche uno dei più colti e visionari cuochi-imprenditori. E non è dunque un caso che questa affermazione, per molti aspetti scioccante, sia stata espressa nel corso di una lunga intervista rilasciata da Bottura a Reid Hoffman, il co-fondatore e presidente esecutivo del social network politically correct, orientato al business, ovvero Linkedin.
Il podcast Possible, in lingua inglese, risale all’inizio di giugno. Ma è stato qualche giorno fa rilanciato sul proprio sito da Antonio Prigiobbo, napoletano, esperto in design management, che si dedica alla facilitazione dei contatti tra venture capital e start up. «A Modena — afferma lo chef — c’è un’incredibile azienda chiamata ItalPizza che fa la pizza. Fare la pizza è un esercizio molto complesso. Ma se hai una macchina, con approccio freddo a tutto quel che fai, se sei alla ricerca della perfezione per la qualità del pomodoro, della perfetta qualità di olio extravergine d’oliva, dell’origano. E poi l’impasto alla giusta temperatura, puoi fare una pizza uguale a Modena o nella Repubblica Ceca. E viene cotta alla stessa perfetta temperatura, per ottenere e replicare la perfetta pizza napoletana. Questo è il modo in cui puoi usare la tecnologia. Così lo chef può concentrarsi su cose diverse. Quindi non ci sono errori umani quotidiani perché la macchina elimina quegli errori. Il prodotto è perfettamente impostato e lo chef può pensare alla nuova ricetta e non deve perdersi nella correzione dell’errore umano». Fin qui chef Bottura che con Napoli, oltre che per la pizza, ha anche un rapporto “solidale”: nel marzo del 2023 prese parte ad un evento per i senzatetto della mensa di Made in cloister. Il Corriere vede pubblicato il furore dell’ennesimo personaggio che si pubblicizza ad ufo strumentalizzando Napoli ed il suo emblema che assicura prestigio all’Italia intera. Ma che stocasticamente non e’ stato permesso registrare.
La teoria dello chef Bottura sarebbe che la pizza è replicabile con l’Intelligenza artificiale. Cosi’ dopo Briatore che ha cavalcato gratis l’onda mediatica e turistica nonche’ gastronomica, deittica di Napoli, eccone un’altro caso meno noto. Il fautore del Billionaire si appresta ad aumentare i propri investimenti nella ristorazione napoletana in seguito al fallimento del predecessore Gracco che ha lanciato una pizza esosa a Milano, autodefinita migliore, in modo subliminale.
Ad un primo ascolto, le parole dello chef emiliano potrebbero apparire addirittura condivisibili. Esprimono del resto un concetto quasi banale: la liberazione dell’uomo dal processo di replicazione seriale di un prodotto, in questo caso la pizza napoletana, e la conseguente possibilità di concentrarsi su nuove creazioni. Bottura teorizza in altre parole la separazione dell’atto creativo, spettante all’intelligenza umana, da quello realizzativo affidato a quella artificiale. Ma a ben guardare il teorizzatore del nuovo umanesimo culinario non considera affatto un particolare per nulla trascurabile. Vale a dire il riconoscimento dell’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano come parte del patrimonio immateriale dell’Unesco. Il riconoscimento, si badi, non a caso, ha avuto come oggetto non tanto il bene, la pizza, appunto, ma proprio quell’insieme di buone pratiche, frutto di antiche esperienze tramandate sul campo da padre in figlio, che rappresentano il più autentico patrimonio ascrivibile ai piazzaiuoli napoletani. L’Unesco ha cioè riconosciuto come unici e dunque, non replicabili da chiunque, la lavorazione dell’impasto, la gestualità, talvolta quasi teatrale, della distesa del panetto sulla spianatoia, naturalmente dopo l’opportuna lievitazione, la cosiddetta arte di ammaccare, la messa a dimora nel forno con l’apposita pala, il sapiente spostamento nel forno stesso. Privare la pizza napoletana della liturgia che ne accompagna la preparazione significa profanarne la sacralità. E diciamola tutta, il ragionamento espresso da Bottura nel corso dell’intervista potrebbe anche ritorcersi contro di lui.
Il cibo in generale, e in particolare le creazioni dell’alta cucina, non può essere considerato alla stregua dei bulloni “sfornati” (visto l’argomento sembra proprio il caso di dirlo) da una catena di montaggio. A parte il fatto che anche quest’ultima può dar vita a prodotti difettati. Ma la vera obiezione resta un’altra. Chi si reca in un ristorante premiato con tre stelle Michelin, come l’Osteria Francescana, cerca un’esperienza sartoriale, non prêt-à-porter. Non a caso la presenza dello chef in cucina viene spesso considerata un valore aggiunto, perché ogni artigiano del cibo ha una sua manualità, un suo stile, a ben guardare una riconoscibilità. Senza contare, infine, che molte grandi creazioni enogastronomiche sono nate da errori. Un esempio per tutti: il soufflé al limone de La Caravella di Amalfi, realizzato, per una disattenzione della chef, senza aggiunta di farina, che il premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo battezzò «il sole nel piatto». Sia lode dunque alle imperfezioni. E’ apodittica la necessita’ di subordinare algoritmi, Intelligenza Artificiale, diritti, cure, pagamenti e decisioni, a discrezionalita’ umana, Costituzione, Carta dei diritti Umani. In base anche alla consapevolezza che l’Intelligenza Artificiale non e’ infallibile, non possiede spiritualita’, ed e’ posseduta da soggetti ed entita’ carsiche che, nel loro operato, palesano misantropia, follia, odio di Cristo e della tradizione dell’Europa e della civilta’ ed evoluzione occidentale.