Atto notarile vidimato per una decisione estrema, lo spiega Lorenza Alagna.
Il ministero degli Interni, nell’atto di appello, ha ribadito il principio dell’eccezionalità del cambio di cognome e l’esigenza di una “valida” giustificazione, sottolineando la mancanza di elementi probatori a fondamento della richiesta di una ragazza, che ha preteso il cambio di cognome paterno proprio a causa della sua assenza prolungata ed al fatto che, recentemente, nemmeno la salutasse allorche’ l’incontrava. Sua madre, però, “ha precisato di non aver conservato atti processuali risalenti a tanto tempo fa; confermando, per il resto, che il padre non si è mai occupato della figlia, né dal punto di vista materiale, né affettivo”. Ha poi chiarito di non aver più intrapreso azioni legali nei confronti dell’ex coniuge, in quanto risultava nullatenente.
Indagato e condannato, invece, Parolisi, che il 19 luglio 2011 fu arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie e di averne occultato il cadavere.
Nel corso delle diverse indagini, emersero numerosi elementi utili per ricostruire la dinamica dell’omicidio e per comprenderne il movente. Melania sarebbe stata uccisa dal marito perchè aveva scoperto la sua “doppia vita” e la sua relazione extraconiugale con una giovane allieva dell’Esercito, Ludovica. Il giorno stesso della scomparsa di Melania, Salvatore chiamò l’amante per chiederle di cancellare tutti i messaggi dal cellulare. Il rapporto con l’altra donna è stato considerato il movente dell’omicidio. Parolisi è stato condannato in primo grado all’ergastolo, pena ridotta in Appello a 30 anni e infine la Cassazione l’ha definitivamente fissata a 20 anni, rimuovendo l’aggravante della crudeltà.
Melania Rea è stata uccisa a 29 anni e lasciata agonizzante nel bosco di Ripe di Civitella (TE) «dopo un’impeto d’ira, nato da un litigio tra i due coniugi e dovuto alla conclamata infedeltà coniugale dell’uomo», come si legge nelle motivazioni della condanna del marito.
Il suo assassino, il marito Salvatore Parolisi, non ha mai confessato l’omicidio, non si è mai pentito nè ha mai chiesto perdono. A nessuno, nè alla sua famiglia, nè a quella di Melania. Ma soprattutto non ha mai chiesto scusa a sua figlia. Condannato a trent’anni di carcere per omicidio ed occultamento di cadavere, nel 2015 ha ottenuto uno sconto della pena per buona condotta e presto sarà di nuovo un uomo libero. Attualmente lavora come centralinista, può usufruire di permessi studio per frequentare la facoltà di giurisprudenza e ha anche una nuova compagna. Nonostante il carcere, continua ad andare avanti con la sua vita, dandosi così una seconda possibilità. A differenza di Melania che invece non c’è più e una seconda possibilità purtroppo non ce l’ha. Va aggiunto pero’, che nell’ambito dell’uccisione della Rea e’ stata recentemente sollevata anche una pista satanica in cui pare fosse colluso Parolisi stesso: cio’ e’ stato promanato dal magistrato, anch’esso spirato non molto tempo fa, Paolo Ferraro.
Il 18 aprile 2011 Melania e Salvatore, rispettivamente 29 e 30 anni, decisero di portare la loro piccola Vittoria, di soli diciotto mesi, a fare una gita a Colle San Marco, a pochi chilometri da Ascoli. Dopo essere andata in bagno, della donna si persero le tracce. Diversi testimoni raccontarono di non averla mai vista entrare nel ristorante “Il cacciatore” come invece aveva sempre sostenuto il marito. Dopo una ventina di minuti, Parolisi lanciò l’allarme: Melania era scomparsa. Da lì iniziarono le ricerche. Il 20 aprile il comando della Polizia di Teramo ricevette una telefonata anonima da parte di un uomo che segnalò la presenza di un cadavere nel bosco delle Casermette, a Ripe di Civitella, in località Chiosco della Pineta. La notizia data dall’uomo fu subito verificata. La infante si presume fosse dormiente in auto ma comunque lasciata totalmente sola, nell’epoca del misfatto.
Lo scenario che trovarono gli inquirenti fu inquietante. Melania era stata assassinata con un’arma da taglio. L’autopsia confermò la modalità e aggiunse un dato: la donna fu colpita da 35 coltellate. Gli investigatori sospettarono quasi subito del marito, rimasto sempre l’unico indagato. Così, il 19 luglio 2011 fu arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie e di averne occultato il cadavere.
Vittoria, la lattante dell’epoca coivolta in questa situazione, vive con i nonni a Somma Vesuviana, comune natale di mamma Melania. In casa Rea, ormai quasi due anni fa, è anche arrivato un altro bimbo: è il figlio tanto atteso dello zio Michele. «Mia nipote gli fa da sorella maggiore – ha raccontato lui stesso – Posso davvero dire che con lei stiamo tutti facendo un buon lavoro. È bravissima a scuola e ci dà tante soddisfazioni». E’ una ragazza determinata e forte, degna del nome che porta, Vittoria, e soprattutto, del cognome che si è scelta. Infatti la patria potesta’ ed ogni contatto con la figlia, sono stati revocati in sede giudiziaria.
A dodici anni dalla scomparsa di Melania Rea, lo zio Gennaro ha voluto dedicarle un ricordo con un toccante post su Facebook: «Sono trascorsi 12 anni, 12 anni in cui il dolore dentro il nostro cuore non diminuisce mai. In questo giorno la mente ripercorre quei momenti dalla scomparsa al ritrovamento. Momenti di speranza che immediatamente vennero sopraffatti da momenti di disperazione. A Te purtroppo non è concesso di ritornare tra di noi, dalla Tua bimba (oggi una bellissima ragazza), mentre al tuo carnefice viene data questa possibilità e tra qualche anno sarà libero perché qualcuno decise che non ci fosse crudeltà nelle 35 coltellate ricevute. Questa è la giustizia. Cara Melania da lassù proteggi sempre la Tua famiglia e la Tua Vitttoria».