Di Pippo Trio

I TIFOSI DA STADIO DEL NAPOLI, NON SONO PIÙ QUELLI DI UNA VOLTA, SOPRATUTTO QUELLI IN TRIBUNA STAMPA E D’ONORE!

di Pippo Trio

Si è sempre detto che i tifosi del Napoli sono fra i più caldi ed appassionati al mondo, alla pari di quelli in Argentina del Boca Juniors, in Europa a quelli del Liverpool, delle due squadre di Glasgow, che a differenza di quelli del Napoli oggi, sono rimasti uguali a sempre. A Napoli all’interno dello stadio è quasi tutto cambiato rispetto a 20 anni fa. I tifosi del vecchio Napoli non dormivano la notte quando la squadra deludeva o veniva sconfitta per altri motivi anche arbitrali. Lo stadio era lo stato d’animo della città e viceversa, scusandoci di parlare in prima persona, non si dovrebbe mai farlo se non in una biografia, ho capito definitivamente che il pubblico da stadio a Napoli non è più lo stesso quando un giorno su richiesta di mia figlia, alla quale non è mai piaciuto il calcio e pur essendo figlia di un grande appassionato di calcio e del Napoli, le vicende della squadra azzurra le sono state sempre indifferenti, e ciononostante mi chiese di andare a vedere una partita allo stadio.


Da premettere, come nella canzone “Ancora” di Eduardo De Crescenzo che io non ho fatto più l’amore con il Napoli senza Diego, e dall’arrivo di De Laurentiis ho definitivamente attaccato gli abbonamenti al chiodo, tranne sporadicamente andare allo stadio in occasioni in cui non mi potevo rifiutare sia per lavoro che per affetto come nel caso in cui ci portai mia figlia e lo feci andando contro quella che era diventata una vera legge per me, quella di non scucire un solo euro per versarlo nelle casse di De Laurentiis, perché avevo sempre ritenuto sin dal suo avvento, che il mio vecchio Napoli non esisteva più, era morto nel fallimento e questo nuovo club ne ha ereditato solo nome, storia e titoli, per mera convenienza, quella di ereditare il portafoglio clienti, il marchio azzurro e addirittura impossessarsi dei diritti d’immagine di Maradona da morto quando in vita era sempre stato tenuto alla larga dal nuovo corso, come del resto anche tutti gli altri ex calciatori del vecchio Napoli a cui fu persino vietato di celebrare l’anniversario del primo scudetto! Una roba indegna. Non mi sono mai sentito più rappresentato da questo nuovo Napoli, per me trattasi di un altro club, una sorta di pezzotto all’originale che ha mantenuto lo stesso stadio ormai tempio, i colori azzurri e la tifoseria ormai orfana inconsapevole, che ha voluto credere nella resurrezione o più laicamente nella reincarnazione di ciò che non esiste più, perché è ormai morto e sepolto.


Io che sono di indole fatalista e per niente fiducioso nel prossimo, nonché poco propenso verso ogni tipo di fede cieca, il 30 luglio del 2004 presi atto della morte della squadra e del club di mia appartenenza, come quella che si ha verso il parente più stretto. Sulla lapide del mio Napoli, sono scolpite due date, quella della nascita, 1926 e quella della morte, 2004. Quindi chiarito questo veniamo ai giorni d’oggi, perché la vita come sempre va avanti anche quando si perde un proprio caro, ci si abitua e ci si consola con quello che rimane. Quindi anche ritenendo sepolto il vecchio Napoli, in qualche modo mi sono consolato seppure più distaccatamente, con il nuovo Napoli; anche perché essendo attaccato come tutti alle proprie radici, anche questa parvenza di azzurro e le sue vicissitudini all’interno dello stadio di casa ormai leggendario per i motivi che tutti conosciamo, avrebbe potuto bastarmi e questa nuova esistenza non poteva rimanermi del tutto indifferente, del resto vivo a Napoli e risento di ogni stato d’animo della città e mi sarebbe piaciuto rinnovare l’amore, ma non a queste condizioni di non reciprocità, bensi’ solo per interesse che non è il mio e credo neanche il vostro. Ma questo nuovo sentimento provato, fu definitivamente sepolto il giorno in cui portai mia figlia allo stadio. Peraltro non ho mai gradito di questo calcio moderno le restrizioni e le nuove regole d’ingresso allo stadio, come l’esibizione dei documenti e le perquisizioni. Un tempo si andava allo stadio con bandiera, panino e bevanda, magari con un mazzo di carte per ingannare il tempo dell’attesa insieme agli amici; oggi non si può introdurre all’interno dello stadio neanche un caffè borghetti, una bottiglia d’acqua o di altro portata da casa, e dover pagare tutto il quintuplo all’interno dello stadio. Per cui, per evitare le file d’ingresso e per non rimanere digiuni, decisi di mangiare una pizza con mia figlia quando ormai erano tutti entrati perdendomi volutamente l’inizio del match. Successivamente l’ingresso nello stadio dopo tanto tempo fu come quello che si prova entrando in un altro stadio che non sia quello di casa. Ho preferito i distinti per non incrociare in tribuna quelli della stampa e della tribuna vip, che se la tirano e se la leccano insieme al presidente di questa nuova squadra del borgo azzurro football club. E poi nei distinti si è sempre visto meglio, ma con molta sorpresa scoprii di essere circondato non più dai tifosi provenienti dal centro di Napoli o della provincia vesuviana, ma da stranieri, perlopiù di provenienza nord est europea e qualche senegalese o comunque di provenienza africana, pochi reduci della provincia campana e molte, moltissime donne, che prima non se ne vedevano così frequentemente in uno stadio.
Fui colpito anche positivamente della nuova fauna da stadio, trovavo molto più civile e moderno che finalmente uno stadio poteva essere frequentato da tutti indifferentemente dal sesso, dall’età e dalla provenienza: c’era molto più colore, però mi resi pure conto che a parte la tradizione ultrà continuata dalle nuove generazioni in curva, nel resto dello stadio l’atmosfera era tutta molto più social, multietnica, persino indifferente. Fu più a suo agio mia figlia in quel nuovo contesto che io. Mi mancavano i malati del Napoli, i battutari da stadio che trovi in ogni settore, il tifoso più esuberante che intrattiene tutti, mi mancava persino la sana scazzottata fra tifosi per opinioni diverse. Intorno a me stranamente ucraini e russi. Slovacchi e giapponesi, napolesi e napulegni, maestrine e scolaresche, turisti di passaggio vestiti d’azzurro, famigliole con mamma, papà e figlioletti al seguito, e qualche disabile accompagnato. Mia figlia continuava divertita a fare selfie di tutto tranne che vedersi la partita, gli dovevo spiegare tutto per filo e per segno, persino chi erano i giocatori di casa e gli avversari. Ugualmente a tanti altri avventori occasionali anche mia figlia delle azioni in campo neanche gli importava, tranne interessarmene quando lo stadio esplodeva per un gol o rumoreggiava per altro. Quella sera di un Napoli Lazio finito in un insulso pareggio, mi resi conto che ormai anche lo stadio era un fenomeno quasi solo esclusivamente social che non di tifo. Allo stadio come al centro commerciale, o come nella pizzeria più di moda. La vera domenica sportiva è su Instagram, i processi del lunedì tutti i giorni su Facebook, insomma tutto cambiato a parte la tradizione ultra’ che stancamente si trascina per devozione, ma non ci sono più le coreografie di un tempo, i boati ad ogni gol, i botti, e tutto il resto. Oggi sono persino vietate le bandiere ai non autorizzati, insomma non è più lo stesso. Il tifo si accende e si spegne come le luci di Natale, solo per creare un’atmosfera ideale per la visione sui social. Migliaia di telefonini illuminati nelle partite in notturna e nient’altro. Persino i cori sono più social a riprendere i tormentoni musicali più di moda . Non è più il mio stadio, la mia squadra, il tifo in cui mi riconoscevo. Tutto morto, come il silenzio prolungato nelle fasi di stanca della partita, come l’esaltazione forzata per un gol. Nessuno più da del Cornuto all’arbitro, ma nel caso, solo vittimismo. Le due anime di tifosi ancora attaccati al sentimento, divisi dall’opinione su presidente e protagonisti. Nessuno più che parla di calcio come tifoso, o tutti aziendalisti, commercialisti ed esperti di mercato oppure tutti allenatori, presidenti e calciatori più bravi di quelli veri. Che dire, ci può anche piacere vedere più donne, bambini e famiglie allo stadio, come anche più stranieri meravigliati ed incuriositi dalla nuova napoletanità, ma è come girare per via Toledo con il via vai dei trolley che si trasferiscono da un bed and breakfast alla pizzeria del lungomare per poi tornarsene a casa con i profili social inflazionati di stories e reels su Napoli ed i suoi fenomeni più global, tipo il cibo, la squadra, la città ed i suoi eterni e bellissimi paesaggi, che sembrano ancora meravigliare addirittura chi vi è nato, tranne quando la metropolitana ritarda, il traffico impazzisce, ed i parcheggi continuano ad essere gestiti dai sempre più prepotenti abusivi.

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