Di Rita Lazzaro
Secondo i dati Istat del 2018 è emerso che nel nostro Paese nel periodo 2015-2016 3 milioni 754 mila uomini (corrispondenti al 18,8% del totale) hanno subìto abusi sessuali nel corso della loro vita: numero inferiore a quello relativo alle donne, ma pur sempre alto. Va, altresì, sottolineato come gli uomini vittime di molestie sessuali prima dei 18 anni siano stati 435.000, pari al 2.2 %. Da ricordare che, sempre secondo l’ Istat , gli autori di tali molestie risultano in prevalenza uomini: “Lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini”. Tali numeri potrebbero non essere reali, visto che gli uomini decidono di non denunciare la violenza subita. Questo per paura, vergogna, pregiudizi, dovuti ai tabù e luoghi comuni ancora vigenti nel contesto socio culturale, mentalità maschile inclusa. Dati attinenti la violenza sessuale contro gli uomini che, seppur inferiori rispetto alla violenza sessuale subita dall’universo in rosa, non sono certo da considerarsi meno rilevanti. A quanto pare c’è ancora tanta, troppa strada da fare per vedere l’uomo non solo come carnefice ma anche come vittima. Aspetto, questo, dimostrato da una serie di vicende. Esempio quella successa nel novembre scorso, quando un ragazzo è stato abusato sessualmente da un uomo conosciuto tramite un’applicazione per incontri. Una vittima che, nonostante l’abominio subito, si è visto rifiutare un aiuto da parte del Centro antiviolenza di Vicenza, dove gli sarebbe stato risposto che il supporto viene fornito soltanto alle donne.
La vicenda è stata riferita dall’avvocata vicentina Alessandra Bocchi, che definisce “davvero incredibile che un servizio di supporto pubblico, specie per determinati casi, non venga estesa anche a soggetti maschi”. La legale afferma di seguire due ragazzi vittime di violenza sessuale “che il sistema lascia scoperti”, sottolinea. All’origine del problema, secondo Bocchi, vi sarebbe la legge regionale a contrasto della violenza sulle donne dell’aprile 2013, che prevede che i centri antiviolenza o le strutture protette possano accogliere solo donne maggiorenni vittime di violenza, con servizio pubblico e gratuito. Tra i servizi offerti, colloqui preliminari, percorsi personalizzati di uscita dalla situazione di violenza, consulenze legali, formazione degli operatori, iniziative pubbliche di prevenzione e sensibilizzazione al problema. Parole che lasciano attoniti soprattutto in un Paese dove vige il principio di uguaglianza formale, per di più costituzionalmente riconosciuto. Di questa vergogna parla il presidente del centro di Ankyra,Patrizia Montalenti.
1)Dott.ssa com’ è possibile che un uomo stuprato non abbia alcun supporto da un centro antiviolenza?
“Si è trattato di un episodio grave che tuttavia non mi ha sorpresa. Ho fondato Ankyra 9 anni fa con il proposito di dare una risposta innovativa rispetto al fenomeno della violenza relazionale, includendo l’accoglienza ed il supporto delle vittime tutte, senza distinzione di genere o di orientamento sessuale. Premesso che i dati ufficiali ci dicono che il genere femminile è di gran lunga il più colpito dal fenomeno, Ankyra è nata dalla convinzione che il dovere di una società civile debba essere prevenire e condannare la violenza a prescindere dal genere di autori e vittime, senza cristallizzarsi solo sul numero delle persone colpite. Ankyra si riconosce complementare ai CAV per le sole vittime donna, per nulla oppositivo. Per il solo fatto che non vi era analoga realtà sul territorio italiano, la maggioranza di persone che si rivolgono a noi di Ankyra sono di genere maschile. Abbiamo quindi constatato che di fatto copriamo un bisogno esistente e per nulla considerato.nMolti uomini vittime di violenza relazionale ci riportano la loro incredulità e delusione quando, prima di riuscire ad individuarci, si rivolgono ai Centri Antiviolenza “tradizionali”. La risposta che viene loro data è sempre la stessa: forniamo il nostro supporto solo alle donne. La maggioranza di questi Centri inoltre non fornisce il nostro contatto: difficile dire che non ci conoscano…. se non altro dal momento che altri lo fanno. Il genere maschile, pertanto, in qualche modo è discriminato”.
2) Cosa si deve fare a livello giuridico ma anche culturale e mediatico per rompere questi tabù come non dar peso alla figura dell’uomo vittima di violenza?
“Il protocollo di Intesa Stato/Regioni del 24.11.2014 (la cui cornice giuridica è il DPCM del 27 luglio stesso anno) stabilisce, fra i requisiti che deve avere un Centro Antiviolenza, espressamente il fatto che debba accogliere solo le donne. E questo conduce i CAV ad adeguarsi anche perché è un requisito imprescindibile per poter accedere a Fondi e Bandi. Ankyra, che accoglie le vittime tutte, non vi può accedere. Mi pare eticamente doveroso oggi sostenere una battaglia politica che si muova in una direzione innovativa, che comprenda il sostegno a tutte le vittime di violenza relazionale, e quindi la possibilità di Centri come Ankyra di accedere ai Fondi, di far parte di una Rete Antiviolenza cittadina, ecc.. Dal punto di vista culturale e mediatico si renderebbe necessario sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al fatto che la violenza relazionale non prevede un idealtipo di vittima o carnefice ed alla consapevolezza dell’esistenza della c.d. violenza bidirezionale che vede i partner mettere in atto agiti violenti l’uno verso l’altro”.
3)A proposito di discriminazione e lotta per la parità di genere cosa pensa della Convenzione di Istanbul che parla a chiare lettere di prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica?
“Il riferimento legislativo, la Convenzione di Istanbul e l’OMS così come citano la sproporzione di vittime donna, affermano che per vittima si deve intendere qualsiasi persona fisica. La Convenzione precisa infatti la definizione di violenza di genere (femminile) e la definizione di violenza domestica. È interessante sapere che il Governo del Regno Unito ha ampliato la definizione di violenza domestica come segue: Any incident or pattern of incidents of controlling, coercive or threatening behaviour, violence or abuse between those aged 16 or over who are or have been intimate partners regardless of gender or sexuality. This can encompass, but is not limited to, the following types of abuse: psychological, physical, sexual, financial, emotional.”
4)Quali sono state le più grandi sconfitte e delusioni e quali invece le sue vittorie e rivincite col suo centro, per quanto concerne la difesa degli uomini? “Le sconfitte che ho sperimentato sono le stesse che si sperimentano nei CAV per le sole vittime donna: quando la vittima sembra aver raggiunto consapevolezza, intraprende un progetto di uscita dalla relazione tossica e poi ci ripensa. Le vittorie si sostanziano nel fatto che in qualche modo Ankyra ha dato il via nella pratica ad un approccio innovativo, in linea con gli USA ed alcuni Stati Membri dell’UE, rispetto allo studio del fenomeno della violenza relazionale”. 5) Che progetti ha o quali avete in corso per far sì che la parità di genere sia non solo di nome ma anche di fatto? “Il nostro progetto consiste nel portare avanti la nostra missione, nella quale crediamo profondamente, e di diffondere la nostra visione nel sentire comune e nelle Istituzioni, confidando nel fatto che il buon senso prevalga sulle prese di posizione drastiche”. “Sentire comune delle istituzioni” sicuramente un buon punto di inizio per abbracciare il principio di uguaglianza nella sua interezza, oltre quindi ogni forma di stereotipo e pregiudizio.