Di Rita Lazzaro
“Ho fallito nello studio e nella vita” è questo il biglietto lasciato dalla 19enne che, martedì sera, ha deciso di porre fine alla sua vita impiccandosi nel bagno della sede dello Iulm a Milano.
Secondo quanto scrive l’ANSA la vittima era nata a Milano nel 2003 da famiglia sudamericana ed era residente in città.
Dalle prime frammentarie informazioni, il corpo della ragazza non presenterebbe evidenti segni di violenza, e sarebbe stato trovato all’interno della struttura. Il rinvenimento è avvenuto ad opera del custode, che nell’aprire i locali per l’inizio delle attività avrebbe trovato la ragazza – vestita – con una sciarpa attorno al collo legata alla porta, in una sorta di impiccagione. Il cadavere è stato trovato in un bagno nell’edificio 5, che si trova su via Santander. Un palazzo rosso di cinque piani dove si accede anche al Giardino Iulm, al residence e al caffè letterario.
Secondo quanto si è appreso, dopo aver lasciato un biglietto in cui saluta parenti e amici, definendo la sua vita un fallimento, si sarebbe recata nel bagno, al secondo piano dell’edificio 5, in un corridoio di aule studio, dove ha tolto il giaccone, piegandolo, e ha lasciato a terra la borsetta. Poi, vestita, si è impiccata legando una sciarpa alla maniglia appendiabiti interna del box. A trovarla è stato un ausiliario il giorno dopo il gesto estremo.
Il suicidio della 19 enne per fallimento scolastico purtroppo non è un caso isolato. Basti pensare infatti a Riccardo Faggin, studente di scienze infermieristiche, morto in un incidente il 27 novembre scorso, la sera prima della sua laurea.
Una laurea però smentita dallo stesso ateneo dopo la tragedia.
Per questo motivo, si è pensato a un gesto volontario da parte del 26enne, la cui auto è andata fuori strada, schiantandosi contro un albero.
“Mio figlio era una persona generosa, faceva volontariato in parrocchia, non amava la discoteca e non si è mai messo alla guida se sapeva di avere bevuto”, ha dichiarato il papà di Riccardo, “Vorremmo anche noi sapere cos’è successo davvero”.
Una domanda che deve avere risposta, visti i dati agghiaccianti dei giovani suicidi in Italia, le cui cause principali sono proprio il fallimento scolastico e il bullismo.
Secondo i dati Istat sono circa 4000 i giovani che ogni anno, in Italia, si tolgono la vita; nel 2021 sono stati 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita che, allo stesso tempo, si trovano in una condizione di scarso benessere psicologico.
Una situazione già disastrata di suo e degenerata con la pandemia. I numeri allarmanti riportati dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù ne sono una inconfutabile prova.
Infatti, negli ultimi 10 anni, gli accessi per ideazione suicidaria o tentato suicidio al Bambino Gesù sono cresciuti esponenzialmente, con aumento in particolare del 75% nei 2 anni della pandemia rispetto al biennio precedente. Dai 369 casi del 2018-2019 ai 649 del 2020-2021, in media praticamente un caso ogni giorno. rappresenta la seconda causa di morte nei giovani tra i 15 e i 25 anni. Per far fronte al fenomeno, l’Ospedale.
Dati agghiaccianti che però non hanno smosso né la politica né l’opinione pubblica né gli stessi studenti.
Infatti non si è visto alcun provvedimento né a destra né a sinistra al fine di prevenire che giovani vite venissero spezzate sul nascere.
Un’informazione che ha dato più peso alla laurea “sospetta” in medicina della 23enne Carlotta Rossignoli anziché alla 25enne, anche lei della facoltà di medicina, suicidatasi accoltellandosi morendo dopo qualche giorno di agonia.
Studenti scesi in piazza contro il Ministero dell’Istruzione e del Merito “perchè fascista” anziché per i tanti, troppi giovani suicidi per fallimento scolastico quando, in realtà, il solo fallimento è quello di una società che filtra il moscerino e ingoia il cammello.