La società’ odierna e’ corroborata, nelle sue dinamiche degenerative, alla scarsita’ di gestione dei vizi capitali. Qui dunque il discorso sfora nella religiosità’ nonche’ nell’importanza vitale della deontologia ai fini del benessere.
Nonostante si stia immersi in piena era secolarizzata, se si indaga sulle cause del malessere sociale, si approda a questioni quasi banali come l’obesita’, la poverta’, la violenza, l’incapacita’.
Eppure con l’enunciazione di questi quattro punti nodali si sfocia in quattro peccati o vizi capitali che si voglia: ossia il peccato di gola, la avarizia, la lussuria, l’ira. I vizi capitali erano interpretati, in base a queste definizioni suscritte, in modo leggermente diverso da ora, allorche’ per peccato di gola si definiva l’ingordigia non solo a tavola, ma anche nel resto delle faccende. La smania odierna, dunque, a volere sempre di piu’, e’ uno dei vizi capitali che provocano dolore verso coloro che possiedono tale vizio-di gola-e coloro che vengono deprivati sempre di piu’ da tale fattispecie di peccatori. Dunque l’incapacita’ di gestire la voglia di sempre maggiori averi, procura danni multipli se si capisce l’impossibilita’ di ottenere sempre piu’, che pero’ con una buona gestione procurerebbe e lo fa gia’, maggior bene dal punto di vista evolutivo. Insomma gestire la gola diviene salvifico dal punto di vista altro rispetto a quello culinario-estetico, ma anche e forse maggiormente, dal punto di vista della salute e del benessere.
L’obesita’ in molteplici situazioni diviene mero lascito di un vizio gastronomico che scambia il benessere da ingozzamento con quello mentale. Pleonastico dichiarare dunque il contrario, giacche’ l’estetica ne risente dopo aver illuso se stessi di star meglio trangugiando il dispiacere con un pregevole dolce o pezzo di pane. Eppure la societa’ e’ manovrata da interessi economici che spingono al consumo indefesso di articoli culinari che finiscono per creare dipendenza, assuefazione, obesita’ e malattie, in seguito a insoddisfazione e dispiacere estetici.
Gestire i vizi capitali come quello di gola e’ un’atto teleologico all’autoconservazione, parimenti al superamento dell’ira, che domina moltitudini di persone affette da istinti violenti, omicidi sovente messi in atto. Al di la’ delle conseguenze letali per il prossimo e per se stessi, il peccato di ira sfocia in quello che definisco in peccato di “incapacità”, ovvero nell’infingardaggine o pigrizia. Che venga prima o dopo, non gestire in modo utile il vizio capitale della indolenza, crea malessere sociale fino alla depressione, perche’ frena la capacita’ di iniziativa verso azioni costruttive, aggiornamento se si e’ in tarda eta’, conoscenze e attivita’ migliorative per l’individuo. Dopo parlare di poverta’ lo ho definito peccato di invidia, il che e’ un vizio capitale che alimenta l’invidia, che corrisponde, nella dottrina cattolica, in infelicita’ verso la felicita’ altrui. Premesso che la felicita’ altrui o nostra non esiste, se si versa in una situazione apparentemente non buona si tende a pensare che coloro che reputiamo stiano meglio, vadano limitati o fatti fallire. Questo peccato mortale caratterizza la maggioranza delle vili e deviate azioni che frantumano il benessere sociale. Questo vale per il povero che invidia il ricco o viceversa se il povero possiede il cuore della donna che desidera il ricco. Ma l’invidia che e’ poverta’ economica o spirituale, bastona il benessere collettivo maggiormente rispetto agli altri vizi capitali, per cui va gestita ai fini del benessere con la pratica della spiritualita’ religiosa. Essa consiste nella pratica religiosa atta a comprendere la relativita’ della felicita’ altrui, e tutti gli altri peccati capitali vanno gestiti con la pratica della spiritualita’/religiosita’ anche perche’ tutto e tutti sono interconnessi; siccome nessuno e’ esente da felicita’ o infelicita’, la gestione dei peccati capitali riesce ad evitare o interrompere al momento opportuno, il rischio di rodersi che caratterizza il creato, nelle piccole e grandi cose: siccome tutto si riflette su tutto, bisogna scongiurare il periglio che ancora piu’ negativita’ rispetto ad ora, si rifletta sul mondo, a causa dell’attuale incapacita’ di gestire i vizi capitali da parte del potere e dei suoi sottoposti. A lavorare nella direzione della infelicita’ collettiva e della caduta nei peccati, contribuisce la spinta relativistica enfatizzata dal potere, in grado di plasmare tutto sulle proprie opportunita’: a cio’ deriva un’umanita’ anodina, debole, deviata e vittima di dipendenze ma lontana da dio.