Inevitabile revisionismo storico

Forse la storia di gran parte del mondo ha poggiato su strategie di unificazione territoriale accomunate da logiche e metodi di stampo colonialista. La differenza, pero’, tra l’Italia e i vari altri Stati, e’ stata quanto meno la mera ammissione, da parte dei vincitori, delle loro iniziali intenzioni e dell’effettivo, cruento, operato.

Il nostro paese, l’Italia, continua a suffragare, o quanto meno a coprire, la mendacia della sua unificazione redimendola attraverso le presunte spinte romanticistiche ed eroiche del Risorgimento. Fermo restando che l’Italia dovrebbe rimanere connessa, unita e affratellata tra nord e sud, certi dati vanno rimarcati nel rispetto della verità ed in ossequio ad un prospero futuro.

Nel pieno del centosessantesimo anniversario dell’unità d’Italia ci sono innumerevoli, spregevoli questioni che riguardano il depauperamento multistrato del meridione, da opporre alla dovizia di stolti, molti della lega ed analoghi. Così come a tutti coloro che continuano a bramare una quindicennale secessione dell’apparente parte sviluppata della nostra bistrattata penisola. Ebbene, all’alba del rinato orgoglio meridionale nei confronti di pratiche ciniche e scellerate a detrimento di tutto il Sud, sul piano economico, civile, sociale, militare, industriale, finanziario, va ammessa la liceita’ di una separazione dell’ex Regno delle due Sicilie dagli ipocriti “fratelli leghisti” e dal loro popolo seguace. Non tutti la su, nella cosiddetta parte “civile”  ed avanzata del paese, si identificano nelle dichiarazioni razziste dei vari Bocca, Borghezio e Bossi, questo e’ vero. Tuttavia anche a coloro, comunque innumerevoli, che occultano il proprio disprezzo verso la parte del popolo italiano che parla ed e’ costretta a vivere e lavorare in modo diverso da loro, va rammentato che, nella situazione attuale, una frattura insanabile del Paese forse conviene sopratutto agli italiani del sud. Ed e’ specialmente al meridione che infatti gioverebbe una postmoderna secessione; ovviamente questo vantaggio avverrebbe in seguito alle iniziali crisi ulteriori di liquidità,  dopo un distacco repentino dal resto della penisola. Lo stesso percorso, auspicabile da quelli feriti nell’orgoglio e nel portafoglio dalle annose politiche antimeridionali, e’ stato compiuto dai lombardi e piemontesi, rispettivamente occupati dagli austro-ungarico-prussiani e dai francesi. Senza sciorinare che i pregiudizi su presunte inferiorità genetiche di tali popoli sottomessi, venivano espressi anche dai prussiani e francesi, in quanto non ritenevano, i futuri italiani, all’epoca sottomessi,all’altezza di produrre sviluppo e ricchezza autonomamente. Considerazioni queste,analoghe, se non identiche, a quelle che accomunano gran parte del pensiero contemporaneo di prestigiose firme giornalistiche e personalità intellettuali e politiche. Sempre colpa di questi ultimi, i politici, che non vigilano sulle opere della società. Intanto il volano dell’economia settentrionale dell’Italia ha cominciato a produrre prosperità non appena essa ha conquistato la piena indipendenza, con il conseguente sfatamento delle opinioni degli oriundi oppressori. Si e’ calcolato, a tal  proposito, che Sicilia e Lucania dispongono di risorse energetiche endogene pari ad un paio di manovre finanziarie in quanto a cifre, quindi… La dignità non deve continuare a soffrire, la storia riaffiora, il mezzogiorno d’Italia ha bisogno esclusivamente delle proprie radici identitarie, il resto, di positivo, sarebbe potenzialmente facile e divertente da dimostrare. I dati su cui si basa questo scritto sono ripresi nei testi di Pino Aprile, “Terroni” e in quelli di Marco Esposito “Separiamoci”.

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