Il binario piu’ lungo al mondo: auspicio Stretto ma l’Italia e’ disunita

Il ponte ferroviario cinese Haoji, lungo ben 1813 km, è ufficialmente il ponte ferroviario più lungo del mondo!  Utilizzato per trasportare 200 milioni di tonnellate di carbone all’anno, collega la Mongolia Interna e Shanxi con le province del sud, riducendo il tempo di transito da 20 giorni via mare a soli 3 giorni su rotaia.

Costo totale? Circa 28 miliardi di dollari, finanziati da China Railway e grandi compagnie minerarie nazionali. La costruzione è iniziata nel 2014 e la ferrovia è stata inaugurata il 28 settembre 2019, con una velocità di progettazione di 120 km/h.

Un’opera colossale che rivoluziona il trasporto del carbone, evitando le affollate rotte costiere e ottimizzando l’intero sistema ferroviario cinese!

Sorge a tal punto spontaneo esortare l’esecutivo a concretizzare la priorita’ del Ponte sullo Stretto di Messina installandovi ache una rete ferroviaria. Ma in questo contesto in cui il trasporto marittimo tra Messina e Reggio Calabria e’ affidato solo alle compagnie di navigazione, e’ d’uopo approntare un sistema finanziario a mo’ di Helycopter money che ovvi alla cesura di guadagni navali causato dall’installazione di una infrastruttura stradale e ferroviaria in quel tratto di sud. Una opera monstre che avrebbe il primato mondiale rappresenterebbe un volano per il sud ed al contempo un superamento della condizione peninsulare della Sicilia. C’e’ a tal proposito da chiarire preventivamente, chi deve sborsare tale importo edilizio ed approntare un modo per far concludere i lavori in un tempo definito e non aggravare le imposte verso imprese e privati, che servirebbero anche e forse sopratutto, a rendere realta’ il Ponte nonche’ strada e ferrovia, piu’ lunghi del pianeta. Per l’Italia e’ vitale tutelare la redditivita’ delle imprese esistenti che collegano il meridione, la Sicilia e la Calabria, rilanciare il potere d’acquisto per giovani, salariati e pensionati. Senza eludere la necessita’ di nuove infrastrutture mastodontiche, avveniristiche e vitali per il sistema Italia.

Approntare cio’ ricostituendo l’Iri, farebbe risparmiare tempo, denaro e mezzi. In seguito focalizzare la penuria di infrastrutture e servizi del centro-sud per ripianarli, farebbe innalzare il Pil in maniera clamorosa. Tramite Iri ed abrogazione di ogni fattispecie di limiti per la spesa pubblica, sarebbe assolutamente realizzabile il piano di riadeguamento strutturale pubblico e privato in relazione ai cambiamenti climatici ed a ipotetici venturi disastri naturali. Eventi cui la schiera di case, industrie, luoghi pubblici, infrastrutture, debbono poter tranquillamente rintuzzare senza pericoli individuali ed economici.

In merito alla questione nodale dei porti e delle infrastrutture da implementare, l’Italia disunita ha consentito che i migliori porti d’Italia per caratteristiche geologiche e che stocasticamente stazionano al sud, sono rimasti arretrati rispetto a quelli di Israele e dei paesi limitrofi, per cui anche volendo investirvi, sarebbe impossibile affiancare Tel Aviv e similari; e cosi’ l’Italia preferisce adoperare le strutture inferiori di Genova e Trieste eludendo Gioia Tauro e Brindisi, e regalando fette di mercato a nazioni estere.