In queste ore sta succedendo qualcosa di gravissimo, che in qualsiasi Paese normale balzerebbero agli onori delle cronache.
Il GOVERNO ITALIANO, tramite l’avvocatura dello Stato che lo rappresenta, ha ufficialmente aperto alla possibilità che i detenuti sottoposti al ‘fine pena mai’ per delitti di mafia e terrorismo possano accedere alla libertà condizionale anche senza collaborare con la giustizia.
In queste ore sta succedendo qualcosa di gravissimo, che in qualsiasi Paese normale balzerebbero agli onori delle cronache.
Il GOVERNO ITALIANO, tramite l’avvocatura dello Stato che lo rappresenta, ha ufficialmente aperto alla possibilità che i detenuti sottoposti al ‘fine pena mai’ per delitti di mafia e terrorismo possano accedere alla libertà condizionale anche senza collaborare con la giustizia.
Come? Chiedendo di delegare al magistrato di sorveglianza la decisione sui singoli casi. Esponendo un singolo uomo a giudicare, discrezionalmente, chi può uscire e e chi no tra i ‘non pentiti’ di mafia, con l’enorme quantità di pressione che ciò fisiologicamente comporterà su chi sarà chiamato a decidere: non più una norma statale e quindi lo Stato nella sua interezza e organicità, ma un individuo in carne ed ossa. Con un nome, un cognome e una famiglia.
Lo ha fatto davanti alla Corte Costituzionale, che dopo Pasqua sarà chiamata a sentenziare in merito alla possibilità che i mafiosi possano accedere alla libertà condizionale anche senza pentirsi.
Una norma introdotta dopo le tragiche morti di Falcone e Borsellino, quella dell’ergastolo ostativo. Che ha costituito una incredibile fucina di pentiti di mafia: per evitare di passare una vita all’interno delle mura carcerarie, i boss mafiosi sottoposti a questa misura avevano infatti solo la possibilità di diventare collaboratori di giustizia, offrendo dunque il loro contributo alla buona riuscita delle indagini sulla criminalità organizzata e senza avere ovviamente la possibilità di tornare a far parte dell’associazione mafiosa in cui avevano operato dopo averla ‘tradita’: insomma, uno dei più efficaci strumenti di contrasto alla mafia. Che, infatti, già da alcuni anni è stato messo in discussione e che ora si vuole definitivamente distruggere.
Il caso vuole che nel papello di Totò Riina (l’insieme di richieste, in gran parte ‘ratificate’ dalla politica, con cui la mafia rispose all’invito al dialogo lanciatole dallo Stato a pochi giorni dalla strage di Capaci) fossero presenti i benefici penitenziari per i detenuti mafiosi e l’abolizione dell’ergastolo.
Il caso vuole che l’autore della strage di Via D’Amelio, il mafioso Giuseppe Graviano (uno dei potenziali beneficiari di un’eventuale sentenza favorevole della Corte Costituzionale, custode di una serie di importanti segreti in merito alle collusioni tra l’universo istituzionale e Cosa Nostra) abbia raccontato degli investimenti della sua famiglia nelle aziende di Silvio Berlusconi, che Graviano ha sostenuto di avere incontrato tre volte quando era latitante e il cui braccio destro Dell’Utri prese in carico la trattativa Stato-mafia nel 1994. Il boss, con una serie di sottili messaggi ricattatori e di ‘detto e non detto’, ha a più riprese fatto intendere come quella trattativa, incardinata sull’asse dei benefici penitenziari, possa essere più viva che mai. E che, per il suo silenzio, voglia qualcosa in cambio.
Il caso vuole che Silvio Berlusconi sia presente, con tre Ministri, nel Governo che si è reso protagonista di questa iniziativa (terreno politicamente condiviso, in ogni caso, anche con una vasta area del centro-sinistra).
Il Governo dedica minuti di silenzio ipocriti alle vittime di mafia per poi spianare la strada agli autori delle stragi che hanno distrutto la vita di valorosi uomini di Stato e di civili innocenti (vedasi la lista delle vittime delle bombe di mafia del 1993, che alzarono la posta del ricatto mortale veicolato dalla mafia contro lo Stato, tra cui sono presenti anche due piccole bambine).
Sia Giovanni Falcone che Totò Riina sono morti. Il primo sta assistendo dall’alto alla distruzione di ogni suo lascito; il secondo sta vedendo piano piano avallata ogni sua richiesta.
A prescindere da ciò che deciderà la Corte, il danno è stato già compiuto e il Governo ha gettato la maschera.
Bisogna prendere posizione, ora o mai più.
Questa sarà la più grossa battaglia dei prossimi anni. Stiamo pronti.