Di Rita Lazzaro

Secondo quanto riportato dall’Unicef: nel mondo la maggior parte delle 800.000 persone che muoiono per suicidio ogni anno sono giovani: il suicidio è la quinta causa di morte per i giovani tra i 15 ed i 19 anni, la seconda causa in Europa. Nel mondo quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti. Basti pensare a quanto successo in Spagna martedì scorso, dove due sorelle gemelle argentine di 13 anni, sono cadute insieme dal terzo piano di pomeriggio a Sallent, vicino Barcellona. Una delle due è morta, l’altra è ricoverata in condizioni critiche. Per la polizia, l’ipotesi più probabile è quella del gesto volontario. Meno credibile la pista dell’incidente. Sul balcone sono state trovate due lettere e due sedie. Un cugino ha parlato ai media per denunciare atti di bullismo nei loro confronti: «Hanno avuto problemi, hanno sofferto di bullismo, hanno avuto un po’ di depressione, hanno avuto problemi a scuola… vivono in questa città da quasi due anni, fin dal primo momento hanno subito atti di bullismo, anche da parte di persone che hanno parenti argentini che li hanno criticati per essere argentine», ha concluso.

«Ossessionata dal suo aspetto, si guardava continuamente allo specchio». Una condotta che ormai accompagnava Charlotte Comer, la ragazza 30enne che si è tolta la vita perché depressa per via del suo dismorfismo. «La morte di Charlotte Comer è colpa dei medici che l’hanno abbandonata». È questo quanto emerso dall’inchiesta condotta in seguito al suicidio della giovane donna, morta per overdose il 20 luglio 2021. La ragazza era un’assistente fisioterapista, che per anni ha sofferto per il suo disturbo di dismorfismo corporeo. Una condizione derivata probabilmente dagli anni di bullismo subito a scuola, che l’avevano fatta diventare «ossessionata dal guardarsi allo specchio».

Charlotte Comer, che viveva a Earl’s Croome nel Worcestershire (Regno Unito), era diventata anoressica e beveva quantità spropositate di Pepsi Max. Secondo l’inchiesta, prima di morire aveva «perso la speranza di ricevere aiuto per il suo problema» e così si è lasciata andare. Secondo il medico legale che ha lavorato all’inchiesta giudiziaria, sarebbe stata abbandonata dal personale medico dell’Herefordshire e Worcestershire Health and Care NHS Trust. I sanitari sarebbero colpevoli di «gravi mancanze nei suoi confronti». L’inchiesta ha portato alla luce un’overdose precedente rispetto a quella fatale, che l’aveva ridotta in coma per 3 settimane nel 2018. Durante le sue lotte, ha avuto otto coordinatori dell’assistenza, ma per cinque mesi nel 2021 non ha visto nessuno riguardo alle sue condizioni. Mesi prima della sua morte, la 30enne era stata indirizzata al Priory Hospital, una struttura privata che avrebbe dovuto curarla con il finanziamento dello Stato. Il trasferimento è stato però bloccato da un medico, che ha ritenuto «non idonea» la ragazza e quindi non meritevole del finanziamento.

Anche in questo caso il bullismo si conferma amaramente tra le principali cause di suicidio tra i giovani. Una storia nata e finita per la disumanità di chi circondava la giovane donna. Un’altra storia che conferma la società malata in cui viviamo fatta di bullismo e cyberbullismo, dove giovani vite si riducono a commettere atti di autolesionismo, soffrire di depressione e disturbi alimentari. Situazioni che sempre con maggiore frequenza comportano a commettere gesti estremi. Un malessere tra i giovani che sì degenerato col lockdown ma che, in realtà, è stato sempre esistente e grandemente sottovalutato. Perfino persone con parenti argentini le hanno criticate per essere argentine», ha concluso. Vicende agghiaccianti che lasciano ancor più l’amaro in bocca se tutto ciò avviene in società dove la parola “inclusività” è all’ordine del giorno ma, a quanto pare, è rimasta solo una parola di circostanza anziché sostanza.

Lascia il tuo commento
Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail