Di Francesco Paolo Tondo
Accade in Baviera, negli uffici del Bayern Monaco in questi giorni si è presentato Joshua Kimmich per formalizzare il rinnovo del contratto fino al 2025. Ma qual è la novità? Ha condotto la trattativa da solo, in rappresentanza di se stesso per apporre la firma sul contratto. Niente procuratori, avvocati, agenzie o parenti travestiti da consulenti. messaggio chiaro che Joshua ha mandato a tanti suoi colleghi. In un momento storico particolare, in cui commissioni e procuratori spesso indirizzano la conclusione delle trattative.
Come il caso David Alaba che rappresenta il nuovo modus operandi europeo, in forte contrapposizione con la scelta singolare di Kimmich. Alaba, al momento della firma con il Real Madrid ha incassato un bonus pari a 17,5 milioni, più una cifra extra-large da corrispondere a una società di consulenza che ha seguito sin dal principio la trattativa: “The Alabas Gmbh”.
Sbirciando in maniera accurata, la società che ha gestito la transazione fa capo al padre di Alaba: 6,3 milioni di euro nelle tasche della società di “famiglia”. Tutto qui? No, c’è anche il procuratore Pini Zahavi. Ma come un’agenzia di consulenza più un procuratore? Esattamente, poco più di 5 milioni nelle tasche dell’agente israeliano. Insomma uno staff considerevole dietro una firma sul contratto. Kimmich ha preferito fare a meno di tutto questo, gestire la sua vita lavorativa in assoluta indipedenza, senza subire interferenze da agenti e intermediari. Una scelta rispettabilissima che va in controtendenza con quello che sta accadendo nell’ultimo periodo in Europa. Adesso è impossibile dire se il suo caso farà scuola, sicuramente è un comportamento che ha fatto piacere ai tifosi del Bayern e stimola tutto il movimento a fare una piccola riflessione.
Sebbene nella maggior parte delle attività siano opportuni agenti, forme di intermediazione volte a tutelare il potere contrattuale del “produttore” ed a svolgere un servizio utile e strategico per la “comunità”, va rimarcato il fatto clamoroso che nel calcio come nella grande industria e nell’agroalimentare, i costi relativi all’intermediazione sono parossistici per cui una regolamentazione di essi al ribasso renderebbero meno onerosi per i presidenti di calcio o i meri produttori di beni in ogni parte del mondo, gli investimenti, a vantaggio dei consumatori.