Di Rita Lazzaro
Fuori corso e laurea record. Un esempio di quest’ultima è Carlotta Rossignoli, una giovane conduttrice televisiva in una trasmissione locale centrosettentrionale, star dei social, promettente atleta e fotomodella. Ma la sua laurea in medicina a soli 23 anni , anzichè suscitare ammirazione, ha scatenato una vera e propria lapidazione social contro la giovane. Infatti gran parte degli attacchi non erano incentrati sulle osservazioni legittime e le conseguenti domande mosse dai suoi colleghi su alcuni punti oscuri riguardanti la laurea ma erano battute sibilline, dirette a minare la dignità della giovane dottoressa. Un linciaggio volgare e sessista con foto del fondoschiena abbronzato della ragazza, accompagnate da insinuazioni che lasciano poco spazio all’immaginazione sulla validità della laurea. Come si suol dire “ a buon intenditore poche parole”.
In molti hanno parlato dela sua questione facendosi la domanda “ merito o privilegio?”
Ma stando così le cose, non sarebbe stato più appropriato il seguente quesito: “ Indignazione o invidia?” oppure “ legittime osservazioni o bentornato patriarcato?”
Di conseguenza la domanda sorge sponte:
1)Se la ragazza non fosse stata né modella, né influencer, né con una certa visibilità, ci sarebbe stato comunque questo putiferio o dovremmo dar ragione a una nota frase di Indro Montanelli:” quando un italiano vede passare una macchina di lusso, il suo primo stimolo non è quella di averne una anche lui, ma tagliarne le gomme?”
A questa e alle prossime domande risponderà il professore Carlo Vivaldi Forti per Adfnews quotidiano nazionale.
“L’invidia ha giocato senza dubbio un ruolo pesante nel caso di Carlotta.
Invidia a tutto campo, sia per la laurea presa con facilità, sia per la sua capacità di affermarsi a livello sociale e mediatico.
Le espressioni di sessismo volgare sono un modo per demolire la persona, come anche molti recenti attacchi a Giorgia Meloni confermano. L’invidia spinge a distruggere la persona di successo”.
La vicenda di Carlotta Rossignoli non solo fa riflettere sulla condotta del popolo italiano che dall’osservazione e dubbi fondati degenera sempre, o quasi, nel pettegolezzo che sa di invidia e livore ma fa riflettere altresì su un certo doppiopesismo dell’informazione.
Infatti ha fatto molto più scalpore la “ laurea privilegiata” di una 23enne in medicina anziché i casi di suicidio di universitari soprattutto in questa facoltà: di Fisciano, nel Campus dell’università di Salerno, dove una ragazza trentenne (Daniela il suo nome) si è lanciata dal quarto piano del parcheggio multipiano. Lei aveva mollato la facoltà di Medicina da qualche anno, per via di una depressione – forse causata dalle difficoltà nel dare gli esami – che le impediva di andare avanti. I genitori, però, credevano che stesse valutando di riprendere l’università. Invece no: il suo ritorno in quel luogo era per mettere la parola fine laddove era tutto iniziato.Fisciano: un posto che sembra avvolto da una maledizione a causa di ben quattro i suicidi in meno di tre anni tra i suoi iscritti. Prima di Daniela lo stesso destino è toccato ad una 25enne, anch’essa iscritta a Medicina, morta nel maggio 2019 dopo alcuni giorni di agonia, a causa delle ferite che si era autoinflitta con un coltello da cucina. Mentre nel 2017 due ragazzi ancora più giovani, un 19enne e un 21enne, a distanza di pochi mesi si lanciarono nel vuoto, rispettivamente dalle scale della biblioteca e (di nuovo) dal parcheggio multipiano. A proposito di Medicina, è eloquente un post Facebook pubblicato da una collega di facoltà di Daniela all’indomani della sua morte: “I successi sono bellissimi – si legge in un passaggio – Ma smettetela di pensare che è semplice. Ognuno fa i conti con i suoi ostacoli, con i suoi limiti. Fateci un favore: chiedeteci come stiamo, se vogliamo prendere un caffè; non chiedeteci quand’è l’esame, se siamo preparati…”
La competizione sfrenata e le aspettative. Le stesse che sembrano all’origine del suicidio di Manlio, il 25enne viterbese che studiava medicina a Pavia: lui si è impiccato, nel novembre scorso, nella casa che divideva con altri ragazzi, a cui avrebbe mandato un messaggio che annunciava il gesto; non riusciva a sopportare di essere in ritardo con gli esami. La sua vicenda ricorda da vicino quella di una 26enne studentessa a Perugia che a uno degli ultimi esami, sempre di Medicina, non sapendo rispondere a una domanda del professore, ha rinunciato a proseguire il colloquio. Ma la delusione ha lavorato, e si pensa che l’abbia portata, dopo pochi minuti, a gettarsi dalle scale dell’ospedale umbro. Era luglio 2019. Coincidenze? Niente affatto: secondo uno studio della rivista Student BMJ (condotto nel Regno Unito), tra gli iscritti a questa facoltà, 1 su 7 ha pensato almeno una volta al suicidio mentre 1 su 3 ha riscontrato problemi di salute mentale.Non aveva superato un esame di Ingegneria, invece, il 20enne che a settembre 2019, a Genova, appena uscito dalla facoltà si è buttato dal piano rialzato di un parcheggio vicino all’ateneo. Qualche mese prima – a marzo – una 30enne di Palermo si era suicidata gettandosi dal balcone di casa, al settimo piano: avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea l’indomani.Vicende agghiaccianti che sanno di imperdonabile fallimento di uno stato umano e sociale.
2) Come si possono prevenire queste tragedie intervenendo dalle università alla famiglia, dai media alla società, evitando così che vengano stroncate vite che si stanno affacciando alla carriera?
“Per intervenire in modo efficace in questi casi, bisognerebbe cambiare la mentalità dell’intero corpo sociale, riportando la persona umana in quanto tale, senza aggettivazioni né pregiudizi, al centro dell’interesse comune. Purtroppo questo non è alla portata del singolo. Ciò che la famiglia e la scuola dovrebbero fare sarebbe appoggiare affettivamente il figlio o lo scolaro in difficoltà, senza giudicarlo.
Oggi avviene spesso l’opposto”.
3) Cosa porta uno studente a impiccarsi, buttarsi, accoltellarsi?
E’ Dolore? E’ Esasperazione? E’ Paura? E’ Delusione?
“Il fattore principale è l’esclusione, l’emarginazione dal gruppo.
In una società fondata sulla omologazione, essere diverso è la peggiore colpa immaginabile, basta vedere i casi di bullismo”.
4) A tal proposito cosa sente di dire a chi si trova in questo tunnel e sta per farsi divorare dallo stesso?
“La strada più opportuna sarebbe chiedere aiuto, non rinchiudersi in se stessi, ed affidarsi a una specifica psicoterapia.
Le famiglie però non sono preparate culturalmente a questo compito, e le strutture pubbliche di assistenza e consulenza sono insufficienti, spesso inesistenti”.
5)Perchè in certe facoltà come quella di medicina il suicidio è più diffuso che in altre?
“Le ragioni sono due: l’obiettiva difficoltà dello studio intrapreso e la prossimità col dolore umano.
Spesso, chi si iscrive a Medicina non lo fa per autentica vocazione, ma per motivi di carriera e guadagno. Scoprire che fare il medico è invece una missione può innescare la crisi”. Pressioni continue e competizione sfrenata in cui il diritto allo studio sembra quasi diventare un dovere a emergere, lasciando nei fondali chi affoga tra le stesse, dando così luogo alla legge del più forte anziché ai valori di uno stato sociale.
Sempre per quanto concerne il caso di Carlotta Rossignoli c’è chi ha parlato di modello pericoloso e l’università una volta confermata la correttezza del percorso di studi della ragazza ha sconsigliato un percorso come il suo. E vieta le lauree anticipate. A tal proposito da ricordare le parole della psicologa Giulia Amandolesi.
“Il modello di Carlotta Rossignoli è pericoloso, la perfezione non esiste. Il suo stile di vita mi crea dubbi e preoccupazione”, questo è quanto sostenuto dalla dottoressa, psicologa e psicoterapeuta a Milano: “Sono stati proprio alcuni miei pazienti a segnalarmi il caso di Carlotta sui social. Mi hanno chiesto di fornire loro spiegazioni. L’iperattività loro se la vivono con difficoltà.
La perfezione. Quando la vedete non credeteci, è finta”.
La dottoressa ha sostenuto altresì che “Il messaggio di Carlotta rischia di essere dannoso per i coetanei. Manca l’idea di imperfezione che è parte fondamentale della vita”.
6)Professor Vivaldi, condivide la tesi della collega o, invece, Carlotta Rossignoli potrebbe essere un punto di riferimento per i suoi coetanei?
“Sono sempre stato contrario all’efficientismo fine a se stesso. La nostra società tratta le persone come ingranaggi di un meccanismo esclusivamente produttivo. E ciò è devastante sia per il soggetto, sia per la collettività”.
7) A proposito di merito e perfezione, a suo avviso, non si tende a confondere questi due aspetti proprio come successo con Carlotta Rossignoli?
“Il merito è una conquista individuale, una scommessa con se stessi, e come tale vale la pena di essere perseguito. La perfezione, invece, è la pretesa delle classi dominanti, a livello economico ma soprattutto culturale, che tutti siano in guerra con tutti gli altri, in una competizione senza freni, essendo questo lo strumento che consente alle élite di dividere e imperare. Modello deleterio, totalmente da respingere”.
8) A proposito di merito, lei è favorevole alle critiche mosse al nuovo esecutivo che ha associato alla parola istruzione proprio quella di merito, come successo col dicastero di Giuseppe Valditara?
“Il merito è un valore, ma bisogna distinguere nettamente i criteri con cui valutarlo. L’attuale ordinamento scolastico, più che il merito favorisce l’omologazione al sistema e l’appiattimento.
Se vogliamo una vera meritocrazia, l’intero sistema scolastico ed educativo deve essere trasformato”.
9) A proposito di governo, a prescindere dalla visione politica, cosa si aspetta dal nuovo esecutivo per la tutela dei giovani e giovanissimi?
“Che promuova una vera e profonda riforma della scuola, non investendo miliardi, che non servono, ma cambiando la mentalità corrente di docenti, dirigenti scolastici, allievi e famiglie.
Per esempio, cambiare i programmi di studio e le modalità con cui tenere gli esami, in particolare quello di maturità, che oggi appare un inutile e spesso ridicolo anacronismo”. Un cambiamento che quindi deve partire dalla mentalità, l’arma più potente che si possa mai possedere.