Di Livio Varriale e Francesco Paolo Tondo

Se la #Ferragni chiede scusa è merito di chi svolge una professione giornalistica contro il parere di persone che non comprendono cosa significhi abbracciare il dovere di informare.

Attaccare i #giornalisti con le solite accuse terra terra come quelle delle “fissazioni”, tipo fossimo psicotici oppure con quelle insinuazioni sull’invidia sociale, fa comprendere che l’Italia non è un Paese maturo.

Chiara Ferragni sarebbe nessuno se non fosse per la scelta di grandi marchi della moda di veicolare sul suo corpo, ricordatevelo senza filtri, messaggi commerciali e socialmente subliminali.

Con #Sanremo ha creato un danno alle casse della RAI di 50 mila euro per una multa di pubblicità occulta in favore di Meta.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==

Meta è il gruppo che da successo all’influencer con 30 milioni di follower di cui 20 inattivi, 1000000 circa falsi ed un ingaggio del 3%. Se i numeri sono corretti: la più grande influencer mondiale influenza 300.000 persone. Un po’ pochine se consideriamo il miliardo di persone dello spazio UE USA.

Ottimi numeri, sia chiaro, ma comprendete che più che promuovere prodotti, la Ferragni sia portatrice di interessi spesso torbidi ed il suo modo di fare imprenditoria è lo stesso delle multinazionali che la rappresentano e che, secondo un rapporto di Mediobanca, hanno eluso negli ultimi 3 anni circa 50 miliardi di euro.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==

La storia della beneficenza è, secondo il codice penale, ascrivibile ad una indagine per truffa. Domandatevi perché prima voleva impugnare e poi è disposta a pagare un milione, oltre la multa oltre i rimborsi che il Codacons sta mobilitando contro lei e la Balocco.

Continuate a parlarmi di invidia sociale e di fissazioni psicotiche al limite di atti persecutori.

Un tempo si stracciavano i tesserini a giornalisti incapaci, oggi premiati anche con discutibili cattedre universitarie, siamo passati a farlo con quelli che raccontano i fatti. Dopo il pandoro le uova di Pasqua? Secondo quanto rivelato da Selvaggia Lucarelli sul Fatto Quotidiano, Chiara Ferragni ha realizzato nel 2021 e 2022 una sponsorizzazione simile a quella del pandoro Balocco (costata una sanzione di un milione di euro da parte dell’autorità Antitrust). Questa volta la pubblicità dell’influencer riguardava le uova di Pasqua di Dolci Preziosi. Sulla pagina del suo sito Blonde Salad si legge: «Le uova di Pasqua Chiara Ferragni x Dolci Preziosi sosterranno il progetto benefico “I Bambini delle Fate”», un’associazione che attiva e finanzia progetti di inclusione sociale per bambini e ragazzi con autismo. In realtà, prosegue il quotidiano, la donazione è stata effettuata soltanto dall’azienda e nella misura di 36 mila euro in due anni. Ferragni non avrebbe invece versato nulla, incassando in due anni circa 1,2 milioni di euro da Dolci Preziosi (500 mila euro nel 2021 e 700 mila nel 2022) per la cessione della sua immagine. Come già per il pandoro Balocco, insomma, anche per le uova di Pasqua non vi sarebbe correlazione fra le vendite dell’azienda e l’entità della donazione, come invece la comunicazione dell’influencer avrebbe lasciato intendere. L’articolo completo sul Corriere approfondisce la situazione, sebbene resti il problema della dipendenza crescente della popolazione, nella filigrana di professionisti e medi imprenditori, dagli algoritmi e dal consenso social. Al di la’ degli emolumenti garantiti dai social e della censura, nei confronti di coloro rispettivamente iperseguiti, e ben seguiti ma esiziali rispetto agli equilibri di sistema, si evince la progressiva subordinazione economica, politica, sociale, aziendale, all’universo big tech in quanto foriero di guadagni, profilazione, dettagliati rapporti numerici sul piano commerciale.

La Ferragni, va rimarcato, per replicare agli imprenditori citati da Paragone che la accusano di non produrre nulla ne’ di comprendere il suo lavoro, produce e commercializza accessori e prodotti tessili garantendo occupazione a trente persone, ma probabilmente il suo lato frivolo ed eccessivamente politically correct, stride con l’umore ed i problemi economici che corrodono l’Italia. In tal guisa i “Ferragnez” coadiuvano classe media, imprenditori piccoli ed impiegati, nella fronda contro il caro-vita, le tasse sesquipedali e gli acquirenti decimati dalle reiterate crisi dell’ultimo ventennio, che postulano almeno empatia ed onesta’ intellettuale da parte degli influencer.https://www.instagram.com/where_fashion_is_art?igshid=OGQ5ZDc2ODk2ZA==

Partendo dalla consapevolezza che il digitale e’ manipolato e falsato all’occorrenza, e,’ opportuna una propria riforma statale che obblighi le piattaforme a non filtrare numeri e contenuti di personaggi ritenuti non graditi, e binariamente non gonfiare clienti e numeri di quelli affiatati ai grandi gruppi di potere come Vacchi e similari, i cui seguaci iniziali, si dimostrava su Report quanto non corrispondessero a quelli reali. Infine la decisione algoritmica dei guadagni virtuali, non va affidata agli algoritmi ne’ ai soggetti privati che detengono la proprieta’ dei social e dei maggiori siti, in quanto i contenuti che nell’Occidente garantiscono i maggiori profitti, sono attualmente antitetici alla giusta condotta, giacche’ tangono eccessivo erotismo, inclinazione alla melensaggine, alla droga, al nichilismo, alla neghittosita’, all’ignoranza.

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