Di Rita Lazzaro
“Dillo al mondo, Johnny. Diglielo. Dì: “Io, Johnny Depp, un uomo, sono vittima di violenza domestica”. Dillo, e vediamo quante persone ti crederanno o saranno dalla tua parte.”
Frase detta da Amber Heard al suo ex marito Johnny Depp .
Un processo diventato mediatico e che si è concluso il primo giugno 2022 con la condanna dell’attrice per diffamazione e che per questo dovrà pagare 15 milioni di dollari di danni all’ex marito .Ma anche l’ attore, a sua volta, è stato riconosciuto colpevole di aver diffamato la ex moglie e dovrà pagare due milioni per lo stesso reato.
Sta di fatto che però la frase della Heard ha scoperchiato una triste, amara ma soprattutto diffusa realtà: la piaga delle false accuse che colpisce soprattutto gli uomini e in particolar modo i papà separati.
Dati docent: Carmen Pugliese, Sostituto Procuratore c/o Trib. di Bergamo, all’ inaugurazione dell’anno giudiziario 2009, previa autorizzazione del Proc. Gen. Addano Galizi, 29/1/2009 diceva che:
«I maltrattamenti in famiglia stanno diventando un’arma di ritorsione per i contenziosi civili durante le separazioni…», «…è appurato che le versioni fornite dalle presunte vittime sono gonfiate ad arte. Solo in 2 casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri, il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione…». «una tiratina d’orecchi ai centri antiviolenza, che istigano a denunciare senza fare la dovuta azione di filtro, ma poi si disinteressano di come va a finire…» Per non parlare poi, dei circa 2 milioni di papà separati vittime di false accuse.
Sulla base di ciò, si può amaramente constatare come le false accuse siano un reato doppiamente infame, visto che è un effetto boomerang per il genere femminile che, di fatto, rischia di ritrovarsi come il ragazzo che gridava “al lupo, al lupo” ma è altresì un’arma letale per il genere maschile, in cui, infatti, la vittima viene annientata nella sua dignità e quindi nella sua persona.
1)Perché allora, in Italia, continua a vigere un reato di calunnia che, nonostante i dati allarmanti su riportati, non è stato in alcun modo modificato a partire dalla pena alla mancanza di un comma ad hoc in un art 368 c.p. che disciplini appositamente i casi di calunnia sempre più dilaganti tra le mura domestiche, soprattutto a seguito di una separazione o divorzio?
A questa e alle prossime domande risponderà l’avvocato Marco Valerio Verni:
“Guardi, ritengo che se si applicasse come si deve tale articolo, esso già sarebbe sufficiente a contenere il fenomeno odiosissimo delle false denunce che, soprattutto in sede di separazione o divorzio, vengono avanzate da uno dei coniugi nei confronti dell’altro, con il fine di ottenere dei vantaggi economici e/o l’affidamento della prole nella suddetta sede… Alcune statistiche hanno dimostrato, ad esempio, che ben otto denunce su dieci risultano, in tale contesto, pretestuose e/o infondate: sa nel frattempo, però, cosa è accaduto? Che altre persone, magari veramente vittime di violenza, hanno visto tardare l’intervento delle forze di Polizia perché, queste ultime, figurano impegnate ad indagare anche su quelle segnalazioni false di cui sopra.
Senza considerare le vite rovinate nella pendenza di un processo che, spesso, viene incardinato per reati gravissimi, come quello di violenza sessuale, magari perpetrato a danno di un figlio o una figlia.
Soprattutto in questi casi, occorrerebbe maggior speditezza anche nel disporre, ove questo sia l’esito, l’archiviazione del relativo procedimento e, contestualmente, nei casi, appunto, di manifesta calunnia, l’immediata contestazione della stessa.
Non devono esistere sacche di “impunità”.
Per quanto concerne, invece, l’aspetto psicologico sia dalla parte di chi si macchia di questo crimine sia da parte di chi lo subisce, quali sono i motivi che spingono un essere umano a commettere tale infamia e quali sono gli effetti che la stessa comporta sulla vittima?
A questa domanda risponderà la dottoressa Patrizia Montalenti, fondatrice nel 2013 del primo Centro per tutte le vittime di violenza relazionale, Ankyra di Milano.
“Dal 2013 Ankyra accoglie e sostiene tutte le vittime di violenza domestica indipendentemente dal genere di appartenenza e dall’orientamento sessuale, mettendo al centro la Persona. Non si occupa dei/delle maltrattanti. È pertanto un Centro complementare ai CAV che accolgono le sole vittime di genere femminile.
La nostra esperienza ci dice che nell’ambito di una relazione affettiva disfunzionale i due attori mettono in campo atti che danneggiano entrambi e soprattutto i figli i quali, loro malgrado, subiscono la c.d. violenza assistita, di qualsivoglia violenza di tratti.
Va detto innanzitutto che in alcune situazioni abbiamo riscontrato la presenza in tali relazioni di agiti violenti reciproci, esiste quindi la c.d. violenza bidirezionale, fatto che non viene mai menzionato dai CAV “tradizionali” e che invece vi è. La questione calunnia si inserisce nel contesto dunque di un rapporto di coppia tossico, laddove l’intenzione di una parte di distruggere l’altra è strumentale a diversi fattori per lo più materialistici ma non solo (non sempre l’azione razionale è orientata allo scopo materialistico). È spesso riconducibile anche ad una sorta di tentativo di revenge, di rivalsa, che in realtà risulta dannoso anche per il soggetto che ne è fautore.
Il genere maschile è maggiormente esposto, rispetto a quello femminile, ad accuse di violenza che poi si rivelano infondate (è il giudizio che accerta lo svolgimento dei fatti nella sua fisiologia), ma addirittura talvolta inventate, calunniose. In questo ultimo caso, non così raro come si potrebbe pensare, approfondendo le dinamiche si rileva che quell’uomo si è trovato con indosso un “vestito” giuridico di indagato/imputato quando in realtà era la vera vittima soggetta a vessazioni nell’ambito della relazione. Le conseguenze sul piano psicofisico della persona sono enormi e le risorse della giustizia sono state sottratte a tutti quei casi in cui vi sono reali vessazioni e vittime. La specializzazione degli operatori a tutti i livelli deve essere alta, evitando il filtro degli stereotipi e preconcetti. Abbiamo trattato casi analoghi nei quali è stata smentita l’evidenza di una condizione di sopraffazione da parte del soggetto querelato per i reati di maltrattamento, violenza sessuale e atti persecutori giungendo, al contrario, a rilevare una situazione del tutto opposta. In un caso specifico addirittura la vittima (che verrà poi denunciata) era stata spinta dalla carnefice a frequentare un Centro per gli uomini Maltrattanti, sia al fine di umiliare il partner completamente soggiogato, sia al fine di precostituirsi una prova ricattatoria. La vittima è stata poi assolta, infatti lo psicologo del Centro per Maltrattanti riconosceva una mera co-dipendenza ma nessuna caratteristica o agito maltrattante.”
False accuse una piaga umana ,sociale, giuridica, che dimostra quanto possa essere vile la natura dell’essere umano ma va anche in certi casi, deviata, incompleta e mai come oggi scevra di assunti in grado di controllare i casi e velocizzare i processi. A causa dell’austerita’ finanziaria l’Italia versa in una condizione di mancanza di duemila giudici ed addetti correlati.