LETTERA APERTA A ROBERTO VECCHIONI
«E si svegliò di un soffio impercettibile che appena appena se ne accorse il cuore; e vide il mondo, fino allora incomprensibile, avere finalmente un senso nelle tue parole.
E s’inventò la forza di venirti a prendere e reggerti ubriaco sulle scale: la tenerezza di vederti piangere, stringendoti per farti addormentare.
Ché pensarlo al di fuori di noi non è possibile, per come l’hai voluto tu e lo difendo io l’amore mio.
Sono stata in ansia per i tuoi ritorni, viva nell’illuminarsi dei tuoi giorni, mi ha colpita la felicità come un addio; amore mio, io dormivo sotto la tua mano e il tempo mi ha portato via qualcosa qui – da dentro -, come un piccolo ricordo di quand’era mio l’amore mio.
Sei così sempre tu da togliermi il respiro e solo i sogni tuoi son quelli buoni: gli altri, i piccoli, i miei, quelli che vivo, sono biglietti persi nei tuoi pantaloni.
Chiudo gli occhi al riparo da te, rincorro il tempo e scrivo e, nonostante te, lo sento vivo l’amore mio.
Ma non posso naufragare nelle tue maree, come una parola dentro le tue idee, questa notte è lunga, aiutami, ci sono anch’io, amore mio.
Non so vivere, non voglio, senza ricordare; non so correre e nemmeno – forse – camminare, ma ho bisogno di trovarlo adesso un posto mio: il posto mio.
Farà male, dovrai scegliere, dovrai sparire, insultarmi o consolarmi prima di capire che non sei soltanto tu, ma sono anch’io l’amore mio, amore mio.»
[Roberto Vecchioni]
Caro Roberto, mi hanno molto colpito le tue parole sulla canzone di Geolier. Io e te ci conosciamo bene, da tempo. Avrei potuto aspettare di incontrarti per dirtelo, oppure chiamarti o mandarti un messaggio. Niente di tutto questo. Per come mi sta a cuore il mondo della canzone d’autore, la lettera deve essere pubblica, così come in pubblico tu hai parlato del brano.
«Si tratta di “ognuno va per la sua strada perché pur amandoci non ci capiamo”, e non è un tema proprio facile, è un tema importante, sono cose notevoli». Queste le tue parole.
Ecco, Roberto, io invece penso che questo sia un tema abbastanza facile, lo stesso di decine di canzoni del passato.
Se Vecchioni parla di canzoni, le parole sono macigni. E due che si amano ancora e si lasciano perché non si capiscono non credo sia un tema notevole. Ammesso che ci voglia per forza un tema notevole per scrivere una bella canzone.
Però, se dobbiamo parlare di temi notevoli, idee sorprendenti, che lo siano davvero, che abbiano profondità e riescano anche ad andare oltre il proprio vissuto.
Qui sopra ho riportato la tua “L’amore mio”, brano del 1995 inserito in quel disco meraviglioso che è “Il cielo capovolto”. E, anche qui come in tutto il disco, la prospettiva è capovolta: non è lui che dedica una canzone a lei, ma è lei che rivendica tutta la forza e la dignità della propria situazione.
Può essere che il tema sia autobiografico, che siano parole di Daria rivolte a te, ma il vissuto personale passa davvero in secondo piano, e il brano si fa universale: è quel momento in cui in una coppia due persone si fermano a parlare e quella che sembra più debole dice all’altra che pretende rispetto per la realizzazione del proprio bene, della propria grazia, delle proprie aspettative di emancipazione e vita.
E allora quella che sembra più debole diventa un gigante: la parola “amore” qui non è mai abusata, ma ogni volta fa la spola semantica tra il voler dire “la realizzazione della mia anima” e “il bene che ti voglio”, perché la mia realizzazione passa anche attraverso il bene che ti voglio, ma non voglio annullarmi per te.
È qualcosa di tanto sottile e potente – e solo le donne sanno usare tanta delicatezza e forza – che ti fa perdere la testa già solo il fatto di concepirlo. Aver scritto una canzone così, così bella, su un tema tanto difficile: questo, sì, è notevole.
Altrimenti, se tutto è notevole, non è più notevole niente.
E tu invece Roberto, con le tue canzoni e con i tuoi libri, ci hai insegnato a rispettare le parole, senza usarle con facilità. Geolier, a partire dalla trascrizione, non usa bene le parole. Non c’è un briciolo di rispetto per la filologia in quello che fa. Non c’è rispetto per la lingua napoletana, che è un patrimonio immenso. Dio mio: come può passare in secondo piano una cosa del genere?
Poi io non ce l’ho con lui. I miei ragazzi a scuola lo amano, me lo hanno fatto apprezzare in molti aspetti. Non questo, non quello del rispetto per le parole: che sono persone, storie, idee, sono “quando ci si capisce”, come dice Fossati.
E, per capirci, lo sforzo filologico delle parole dette che diventano scritte e si fanno convenzione è cruciale: sacro, direi.
Te lo volevo dire,
con la stima e l’amicizia che sai,
Paolo