Dal manuale celeberrimo di Sun Tsu-L’arte della guerra-citato più volte nella filmografia hollywoodiana, si cela parte, gran parte, della strategia manageriale americana. Quella pianificazione manageriale che urge replicare a livello Italia, per riprendere il proprio scranno nello scenario geopolitico: l’America guarda molto l’estero, interviene all’estero anche in maniera non belligerante, infatti la mentalità americana è improntata sull’esternazionalizzazione.
L’Italia del benessere, della semplicità e dello stile di vita mediterraneo, viene tacciata di provincialismo a causa della propria benefica ritrosia ad autoesportarsi. Esportare il potenziale economico, politico, sociale, è una linea gestionale che il Belpaese non può esimersi di inculcare nei propri abitanti. Per quanto in Italia si viva sommariamente bene, non è più tempo di arroccarsi in un sistema nazionale che si ritiene soddisfatto di se stesso.
La pratica manageriale della spinta all’estero, anche quando non cruenta, è l’arma che rende le grandi potenze sempre sulla cresta dell’onda; pertanto l’Italia deve esportarsi ed esportare, colonizzare in modo costruttivo i sistemi eterogenei. Questa è la migliore modalità per trarre linfa vitale da iniettare nella società interna, quella oberata da crisi e progressiva finanziarizzazione. E’ questo inoltre, il malcelato mantra statunitense, il quale consiste nel maggior vantaggio che hanno gli Usa, nonchè la principale caratteristica da copiargli, da parte degli italiani.
Ovvio che non si puo’ vivere di esportazioni e politiche espansionistiche bensi’ rimpinguare il mercato interno fornendo gli strumenti pubblici, alle imprese, per rendere facile lavorare, investire, aumentare i salari e perfino pagare le imposte. Con un mercato nazionale florido la comunita’ produttiva italiana necessita di affiancare i suoi principali antagonisti, nella rincorsa al commercio internazionale, tutelata da uno stato finanziariamente strutturato ed efficace; senza consentire acquisti molteplici di realta’ industriali da parte di antagonisti imprenditoriali e fondi finanziari. Basandosi sulla consapevolezza che il marchio Italia sia il piu’ accattivante per il mondo nonche’ quello piu’ desiderato, la politica ed economia italiane sarebbero tenute a raddoppiare le vendite di prodotti italiani acquistati all’estero, dai consumatori endogeni; viceversa raddoppiare le vendite di prodotti italiani acquistati dagli italiani, presso le realta’ straniere. Raddoppiando il mercato interno ed esogeno, l’Italia riprenderebbe di diritto lo scranno del G4 postulato da Craxi e negato in seguito Tangentopoli ed il precipizio repentino all’ottavo posto tra le economie, di un’Italia odiata perennemente.