E’ notizia freschissima, rimarcata il 21 novembre dalla versione serale del tg3, relativa un lavorio indefesso per l’acquisto di Tim da parte di un fondo d’investimento americano pressato dalla societa’ francese Vivendi’ che da oltre una decade punta all’acquisizione di Mediaset. Cosi’ Tim vedrebbe elargiti 400 miliardi pur sottostando alla decisione finale del presidente del Consiglio improntata sulla “Golden Share”, ovvero bloccaggio di ogni trattativa in quento lesiva dell’interesse nazionale. Spaurisce a tal proposito l’ipotesi che il bottino di Tim potrebbe essere collegato al Pnnr europeo sancito dal medesimo Draghi attuale premier ed ex vicepresidente Goldman Sachs gia’ in possesso del patrimonio pubblico Eni affibbiato con una mossa analoga.(Cravatte artigianali con nodo fisso e chiusura a gancio disponibili nello shop di francescopaolotondo.com) Tim figura la principale azienda telefonica in Europa con una presenza radicatissima in Brasile ed utili invidiabili con esiguo indebitamento. Quattrocento miliardi sarebbero la cifra sufficiente ad elidere, indigenza, disoccupazione e precariato per l’Italia; tuttavia tesoro similare se non maggiore, a detta di economisti e finanzieri del calibro di Alberto Micalizzi e Valerio Malvezzi, sarebbe offrendo titoli pubblici a soli correntisti italiani con un congruo interesse e la stessa garanzia statale che sottosta’ all’affare Tim, Eni, Cdp e Monte Paschi. Il motivo per cui si mette in ballo Tim e Mps con gia’ azioni detenute da fondi e banche oriunde di Cdp, e’ un arcano. Frattanto Berlusconi si e’ dichiarato a favore del reddito di cittadinanza e la sinistra tace sul carattere illeggittimo perche’ incostituzionale delle privatizzazioni inerenti multinazionali di stato.
Confiscare Cdp e Mps secondo periti di impresa e finanza sarebbe un volano per lo sviluppo italico che in tal guisa agirebbe alla stregua di Francia e Germania egemonici per emolumenti e potere industriale sullo scenario europeo.
In filigrana una nazionalizzazione di Cassa depositi e Monte Paschi darebbe adito di garantire debito pubblico e suffragare imprese e professioni sul modello esistente in Germania, pur avendo sgretolato Banca d’Italia per il suo ruolo di emissione monetaria, garanzia del debito e sostegno di imprese. Le nazionalizzazioni di grandi aziende pubbliche sono definite ostili alle regole mercantilistiche europee tuttavia le privatizzazioni di macroimprese pubbliche, la cessione degli istituti finanziari di emissione monetaria prescritti dall’Europa, sono stigmatizzate dalla Costituzione. A cio’ va affermato quanto il reddito pro capite dell’Italia ed il potere delle sue multinazionali si sia ridimensionato in modo macroscopico in seguito alla cessione di suddetti rami d’azienda e l’adozione di quei principi di mercato.(quadri moderni economici nello shop di francescopaolotondo.com)