Si tende ad occultare le verita’ numeriche dei fatti, sia in ambito manageriale che in quello politico e sentimentale. Il che e’ un temibile squilibrio deontologico, ma siccome il management di buon livello confluisce nel benessere individuale, piu’ che lecito diventa l’operazione “verita’” riguardo all’Italia dei numeri. In antitesi alla narrazione dominante che colloca l’Italia come fanalino di coda dei paesi economicamente egemoni, va affermata la verita’ storica che all’Italia e’ stato impedito di fare spesa a deficit positivo, ovvero con l’emissione dei titoli di stato con alto interesse ma garantiti dallo stato, inoltre si e’ raddoppiato il costo del denaro abrogando la lira in favore del marco che di fatto oggi ha lo stesso valore dell’euro; ancora si e’ resa l’Italia unico paese tra quello ipersviluppati, in cui il tasso d’interesse sui titoli pubblici e’ deciso dal mercato anziche’ dallo stato-il quale mercato e’ composto da operatori finanziari stranieri-. Infine si sono privatizzate tutte le banche italiane, anche la banca centrale, e le industrie statali si sono depotenziate. Senza tali macrooperazioni il pil italiano era superiore a quello francese ed inglese, ed entro otto anni avrebbe superato quello tedesco.
In seguito alle suddette operazioni il debito pubblico e’ diventato, per l’Italia, il secondo o terzo del mondo, ed il resto lo si conosce; non si conoscevano solo le dinamiche che hanno declinato il paese come nona potenza economica mondiale, ben dietro Francia e Inghilterra, ed in cui la Germania resta oggi, irraggiungibile.
Volkswagen ha un fatturato quintuplo rispetto a Fiat e, credetemi, non e’ colpa esclusiva della famiglia Agnelli bensi’ dei rappresentanti politici e finanziari che l’Italia si e’ ritrovata negli ultimi tre decenni.