Calabria concorsone e malagestione

Giuseppe Maradei non si esime dallo scagliarsi contro l’esecutivo e l’organo della magistratura per delle rappresaglie indirette che attanagliano la Calabria ed il libero sviluppo del meridione intero, focalizzando il fallimento del concorso riservato a tecnici relativi al Pnrr, per cagioni di sottopaghe.

In un caldo sabato del 16 luglio dell’’ A.D. 2022, il corriere della Calabria sforna due torride storie, all’interno delle quali sono raccontate le modalità con cui la Repubblica italiana intende la gestione dei territori meridionali, in particolare della regione più bistrattata d’Italia, la stanza del disordine di casa Italia, il depuratore di tutte le nefandezze che questa nazione inaridita ed inasprita sin dalle fondamenta produce: la Calabria. In un primo articolo, un report dell’attività dei commissari prefettizi nominati a seguito dei decreti di scioglimento delle amministrazioni comunali, per i territori di Siderno, Nocera Terinese, Careri, Palizzi e Casabona, è evidenziato il deficit di risorse umane che rallenta terribilmente la macchina amministrativa. In un secondo articolo, vergato da Francesco Bevilacqua, ci viene raccontato di come la magistratura interpreti il proprio ruolo a seconda della latitudine in cui accadono i disastri naturali.

Del primo problema, la mancanza delle figure burocratiche necessarie all’implementazione delle pratiche amministrative, il governo dei “migliori” ha fatto finta di provare a mettere una “pezza a colori” con il famoso concorso Unico Nazionale per 2800 laureati per l’attuazione del Recovery plan al Sud, miseramente naufragato per l’enorme sproporzione fra i requisiti richiesti rispetto alle retribuzioni proposte.

Il secondo problema merita un maggiore approfondimento. Due tragedie naturali, che hanno fatto piangere tanti morti, la recente valanga sulla Marmolada e la piena improvvisa del torrente Raganello di quattro anni fa, hanno avuto due risposte giudiziarie diametralmente opposte: per la prima si è immediatamente chiuso il fascicolo giudiziario classificandolo, correttamente, disastro naturale; per il secondo, invece, sono in corso processi e l’area è ancora sotto sequestro. Sono state già pronunciate delle assoluzioni, ma la lenta macchina della giustizia ancora non intende fermarsi.
Le assoluzioni ci sono state, si diceva, ma gli amministratori, i funzionari, i volontari che accompagnano (anzi accompagnavano) gli appassionati lungo le gole del Raganello hanno dovuto subire interrogatori, processi, denigrazioni a mezzo stampa, ingiurie, perché bisognava verificare “se fosse stato fatto tutto il possibile per evitare la tragedia”.

L’area ancora sequestrata, inoltre, non consente la ripresa delle attività di sano turismo naturalistico all’interno di quegli incantevoli siti, che tutto il mondo ci invidia e l’impossibilità di fare turismo significa morte di tutte ( o quasi) le attività imprenditoriali locali.

Come sono legate queste storie di mala gestione amministrativa? Con un minimo denominatore comune: al mezzogiorno deve essere impedito di svilupparsi autonomamente e tutti gli strumenti possibili devono essere utilizzati per raggiungere questo obiettivo.

Escludiamo per ora gli strumenti illegali ( solo perche la comunità internazionale potrebbe essere contraria ad una legge che legittimi l’uso della criminalità organizzata per il controllo del territorio). Fermiamoci solo agli strumenti legali. Ci sono gli strumenti “preventivi” e gli strumenti “successivi”. Fra gli strumenti preventivi ricordiamo la ridotta quantità di stanziamenti per investimenti (circa 60 miliardi di euro all’anno) e depotenziare gli uffici amministrativi per rallentare il necessario supporto ai cittadini, magari avendo come corollario la perdita di finanziamenti.

Se anche i meridionali riescono ad attivare iniziative imprenditoriali di successo, si attivano gli strumenti successivi: si cerca un pretesto, vero o presunto, un’interpretazione normativa particolarmente zelante, per punire chi ha avuto l’ardire di sfidare la consuetudine più forte di qualunque articolo costituzionale. Il sud deve rimanere arretrato economicamente e assistito, in modo da poter essere completamente in balia dei boss nazionali e locali.

E l’appellativo “boss” non è casuale.
Questa gestione del territorio è tipicamente coloniale ed è figlia di come è stata condotta l’unità d’Italia, ovvero la conquista a mano armata dei territori del regno delle due Sicilie.

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