Di Rita Lazzaro
“Sì da per scontato che solo alle donne interessi il fisico, interessi la forma corporea, perché si dà nuovamente per scontato che la malattia riguardi il fisico, ma l’anoressia è una malattia che con il fisico si esprime, è una malattia interiore e tutti proviamo delle emozioni e dei sentimenti, sia maschi che femmine. Vorrei rivolgermi anche ai ragazzi che si sono rivisti nelle mie parole e che hanno un disturbo alimentare : non lasciatevi influenzare dagli stereotipi delle persone e della società, la vostra malattia è una malattia grave, sempre un disturbo alimentare, è sempre grave e merita aiuto. Quindi voi meritate un percorso, una guarigione, meritate di essere aiutati e meritate di essere liberi e felici”. Queste sono le parole di Francesco che, in occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare ha deciso di raccontare la sua storia. Una battaglia fatta di alti e bassi, di sconfitte e rivincite, di sofferenza ma soprattutto di voglia di vivere, ricominciare e darsi una seconda possibilità. Una storia fatta di paura, principalmente quella verso la propria persona: “Ho paura di me stesso perché sono riuscito veramente a distruggermi con le mie mani, sono riuscito ad assumere una dose di lassativo moltiplicato per sette. Davanti allo specchio impugnavo una forbice e mi tagliavo, vedevo il sangue scorrere sulle mie braccia e non mi fermavo senza pensare che se avessi inciso una vena sarei potuto rimanere lì, oppure quando non ho bevuto per tre giorni, provavo a razionalizzare e dirmi perché i medici mi hanno detto che posso morire e io continuo, persisto su questa strada senza volermi fermare?” Una storia fatta di sensi di colpa e immagini riflesse ben lontane da quelle reali. Il primo sintomo della malattia (anoressia) è stato il senso di colpa dopo aver mangiato. Successivamente ho iniziato a notare un ‘ immagine del mio corpo distorta, uno dei primi sintomi dell’ anoressia è proprio la dispercezione. Io sono arrivato a portare la taglia dei pantaloni 8 anni, nonostante ne avessi 18. Ma per me le mie gambe erano sempre troppo grosse, erano sempre troppo sproporzionate rispetto al mio corpo, così come il mio viso lo vedevo sempre costantemente tondo, sempre troppo gonfio, sempre troppo grosso.
Una storia di autodistruzione del proprio corpo, ossessioni e fobie: “Sono comparsi i primi episodi di vomito e di restrizione alimentare, seguita dal calcolo ossessivo delle calorie. Molti alimenti sono diventati fobici. “Sono arrivato a pesarmi anche dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua. Per ben tre giorni, purtroppo io non ho toccato acqua. Sono comparsi episodi di abbuffate e mi hanno portato anche a prendere molto peso. Ho attuato dei meccanismi ancora più atroci nei miei confronti per riperdere quel peso. Digiunare per anche 24 ore intere, stremarmi di addominali rendendo la mia colonna vertebrale un insieme di lividi”.
Una storia di continua guerra col proprio corpo perché prigioniero della propria mente, quella appena descritta: “L’ autolesionismo era collegato con l’anoressia perché una voce interiore mi diceva non sei abbastanza. Quando mi abbuffavo mi diceva sei stato un fallimento, adesso devi punirti. Quindi mi ha portato a impugnare le forbici e tagliarmi”. Vicende forti e dal sapore amaro ma che non hanno impedito a Francesco di rialzarsi:“Ho chiesto aiuto però realmente quando ho firmato la mia autodimissione. Sono uscito dal centro e ho detto :” adesso mi metto in gioco”. Rimettersi in gioco ma nella piena consapevolezza che “magari questi episodi in cui la voce potrebbe tornare, si presenteranno però io so che adesso ho tutti i mezzi necessari per affrontarla e non lasciare che si impossessi nuovamente di me”. “Difficoltà che presenta la vita e che è poi la stessa a far sì che una volta che si ripresentano si avranno i “mezzi necessari per affrontarle”. “Sono l’esempio che l’anoressia può colpire anche il genere maschile”. Parole su cui riflettere e che dimostrano come, ancora oggi, nel 2022, la società sia ancora ricca di stereotipi, nonostante la lotta per l’inclusività e la parità di genere.
1)Perché, ancora oggi, esistono questi tabù che determinano la vittima in base alla quantità anziché in base alla sua appartenenza al genere umano? A questa domanda e alle prossime risponderà la psicologa e psicoterapeuta Sabrina Porro per Adfnews.it,http://Adfnews.it quotidiano nazionale di approfondimento ed informazione. “Trattare il problema della salute mentale dal punto di vista delle differenze di genere è un compito arduo. Possiamo dire con certezza che le patologie psichiatriche colpiscano entrambi i sessi anche se per alcune di esse l’incidenza è maggiore in un genere rispetto all’altro, ad esempio statisticamente parlando, i disturbi d’ansia, la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo sono registrati con più frequenza nelle donne mentre il disturbo da abuso di sostanze, il suicidio, il disturbo narcisistico di personalità sono appannaggio del genere maschile. Nonostante questa distribuzione differenziata nel genere delle varie patologie mentali, c’è da sottolineare una diversità nella gestione delle stesse da parte di entrambi i sessi; la donna infatti sembra più incline a rivolgersi al medico rispetto all’uomo. L’uomo, invece, chiede aiuto solo nel momento in cui il disagio diventa insostenibile. Difficile dire se questa differenza dipenda da una maggiore tolleranza da parte degli uomini allo stress oppure se influiscano fattori culturali che portano gli uomini a considerare i disturbi psicologici come una forma di debolezza, tale da intaccare il concetto stesso di virilità.”
2) L’anoressia quindi colpisce sia maschi che femmine ma nasce nello stesso modo e si affronta con lo stesso modus operandi o la differenza tra i sessi incide sia sulla matrice che sulle modalità di risoluzione? ” L’anoressia colpisce sia uomini che donne sebbene ci sia una netta differenza nell’epidemiologia di questo disturbo: gli uomini rappresentano il 10% di tutti i casi di anoressia nervosa. Non ci sono differenze sostanziali tra i due sessi per quanto riguarda la sintomatologia presentata e la gravità della stessa. Questa malattia per entrambi i generi comporta un’alterazione nella percezione della propria immagine corporea da cui scaturisce il bisogno di ridurre il cibo nell’intento di perdere peso. L’anoressia è spesso associata a comportamenti compensativi come il vomito autoindotto, l’esercizio fisico eccessivo e l’abuso di lassativi. Per quanto riguarda la matrice , l’Anoressia Nervosa è una malattia multifattoriale, a determinarne le cause concorrono la vulnerabilità psicologica, fattori genetici e la predisposizione familiare. A livello di cura e trattamento non vi è alcuna differenza tra i due sessi. Tuttavia nei maschi la diagnosi è più tardiva, essendo l’anoressia considerata una malattia femminile. Basti pensare che tra i criteri diagnostici è annoverata l’amenorrea cioè la scomparsa del ciclo mestruale, criterio questo che esclude la popolazione maschile, tuttavia, proprio in virtù di tale preclusione, nell’attuale versione del manuale DSM 5, l’amenorrea non rappresenta più uno dei criteri diagnostici predittivi di tale malattia. L’esordio di questa patologia nei maschi inoltre si colloca intorno ai 19 anni, quindi in età più tardiva rispetto alle donne. Un’altra differenza tra i due generi riguarda le preoccupazioni e le ansie che negli uomini sono più legate all’assenza di grasso ed alla presenza di una muscolatura pronunciata piuttosto che al controllo del peso come per le donne. L’ossessione per la crescita muscolare e l’assenza di grasso corrispondono all’attenzione delle anoressiche verso la magrezza e l’annullamento del proprio corpo. Nonostante le modalità di risoluzione siano le stesse per entrambi i sessi, la richiesta di aiuto tardiva da parte dei maschi può condurre all’insorgenza di maggiori complicazioni sia a livello fisico che psicologico rispetto alle donne.” 3) A proposito di differenze tra universo in rosa e maschile perché l’anoressia è più diffusa nel primo che nel secondo? ” L’anoressia nervosa è una patologia che colpisce maggiormente le donne come suddetto. Questa maggiore prevalenza dei DCA nella popolazione femminile è dovuta da una parte agli aspetti sociali e culturali che creano dei modelli di magrezza e di successo che la società impone attraverso i mezzi di comunicazione ed a cui la donna è più esposta. Inoltre anche gli aspetti fisiologici e biologici di natura ormonale sembrano determinare una maggiore incidenza di questa patologia nelle donne. Secondo recenti studi, gli ormoni femminili sembrano avere un ruolo importante nella regolazione della produzione di serotonina (neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore, dell’ansia e delle sensazioni di fame e sazietà). Secondo altri studi la preponderanza di questa malattia nel genere femminile è legata allo sviluppo puberale che nelle donne corrisponde ad un cambiamento delle proporzioni corporee molto più netto e repentino rispetto agli uomini”.
Francesco ha parlato di “una voce” che potrebbe tornare ma di avere comunque “mezzi necessari per affrontarla”. 4) L’anoressia come qualsiasi altro disturbo alimentare è un tunnel dal quale non si riesce mai a uscirne o c’è comunque la possibilità o magari la probabilità di rompere completamente le catene che tengono legati a questo buio? “Uscire dal tunnel dell’Anoressia e guarire è possibile seguendo dei percorsi mirati a curare il corpo e l’anima. La durata del percorso dipende dalla gravità del disturbo e delle complicanze insorte e necessita di un’equipe multidisciplinare che coinvolga sia la persona malata che i familiari. Nel 10% dei casi in occasione di anoressia grave ed in assenza di trattamento si va incontro al decesso. Nel caso in cui si interviene, la prognosi è favorevole alla guarigione. Si stima che nel 50% dei casi, adeguatamente trattati, si raggiunge un buono stato di salute, nel restante 25% dei casi può verificarsi una o più recidive. Spesso accade, come nel caso di Francesco, che quella “voce” di cui parla, non rappresenti affatto una regressione verso la patologia ma una fragilità o predisposizione soggettiva a sfogare le proprie frustrazioni con il cibo e che ciò si attivi probabilmente nei momenti o nelle situazioni di particolare stress. Il percorso terapeutico volto al riconoscimento ed alla consapevolezza delle proprie modalità disfunzionali determina una gestione sana dello stress ed impedisce le ricadute”. Sempre questo coraggioso 21enne nel raccontarsi ha detto di aver inizialmente ricercato le cause del disturbo alimentare nel bullismo “credevo che le parole della gente, le parole dei miei coetanei, soprattutto mi avessero fatto ammalare”. Considerandole alla fine solo “la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo”.
Francesco racconta infatti che attraverso la psicoterapia ha potuto analizzare le cause interiori e le cause più profonde notando di avere una difficoltà nel saper gestire le emozioni:“difficoltà nel riconoscere, anche nel dare il nome alle emozioni, perché non sapevo come gestire la felicità, non sapevo come gestire la tristezza.. Durante l’ anoressia, le emozioni è come se non esistessero più perché quando sono felice penso di non meritare la felicità. Quando sono triste, non merito il cibo. Io non riuscivo mai a riconoscere quale emozione stessi provando, vivevo in un costante stato di apatia”. 5) In che modo si può definire la causa che porta addirittura ad avere disturbi alimentari e quali sono le altre che comportano simili problematiche? Ma soprattutto in che modo prevenirle?
“Esiste una correlazione tra bullismo e disturbi del comportamento alimentare. Il bullismo in particolare può provocare bassa autostima, isolamento sociale ed un’alterazione della propria immagine corporea. In effetti, spesso si è presi di mira per il proprio aspetto e per la propria immagine, viene così intaccata la sicurezza di sé e si rischia di non accettarsi più. La rabbia repressa determinata dagli attacchi subiti dal gruppo, si riversa verso se stessi e verso il proprio corpo e può determinare la comparsa di disturbi del comportamento alimentare e di atti autolesionistici come nel caso di Francesco. Certamente il bullismo non è stata l’unica causa ma il fattore scatenante “la goccia che ha fatto traboccare il vaso” così come è stata definita da Francesco. Quel “vaso” colmo di emozioni represse, non verbalizzate. In generale, le motivazioni che portano ad ammalarsi sono molteplici e molto più profonde e riguardano il vissuto personale e familiare e vanno elaborate all’interno di un percorso psicoterapico. I DCA, il più delle volte si collocano all’interno di dinamiche e costellazioni familiari particolari per cui è molto costruttivo ai fini della risoluzione del sintomo, programmare percorsi che coinvolgano tutti i membri della famiglia”. 6) A proposito di prevenzione, cosa dovrebbero fare la scuola, la politica, la famiglia, i media per combattere questi mali che affliggono principalmente i giovani? “Personalmente in materia di prevenzione ritengo che l’educazione alimentare nelle scuole e nelle famiglie sia uno dei segreti per contrastare l’insorgenza dei disturbi legati alla sfera alimentare. A tal proposito sarebbe auspicabile progettare campagne informative che abbiano la finalità preventiva e divulgativa. All’interno della famiglia bisognerebbe educare i giovani ad uno stile di vita sano in cui il cibo riveste un ruolo importante, a prendere contatto con le proprie emozioni siano esse positive o negative ed a comunicarle. Come è stato infatti evidenziato dalla letteratura scientifica, caratteristica psicologica delle persone affette da questa patologia è la difficoltà ad avere accesso al proprio mondo emotivo “. 7) Si è parlato di prevenzione, per quanto concerne la soluzione del problema, invece, qual è il metodo che, fino a questo momento, ha dato ottimi risultati senza alcuna recidiva e quali invece da condannare per evitare che la vittima sia doppiamente vittima?
“Per quanto riguarda i trattamenti di comprovata efficacia per l’anoressia nervosa, la terapia cognitivo comportamentale rappresenta la migliore scelta terapeutica, quest’ultima adotta strategie e strumenti specifici atti a modificare i comportamenti problematici ed a ridurre il bisogno assoluto di magrezza. In alcuni casi, può rendersi necessario il ricovero in ambiente ospedaliero per il ripristino del peso corporeo e la correzione degli squilibri elettrolitici conseguenti al digiuno prolungato. Come sottolineato in precedenza data la complessità nel trattamento dei DCA si evidenzia l’importanza di un approccio multidisciplinare che comprenda non soltanto un percorso psicoterapico individuale, un coinvolgimento da parte delle famiglie, in alcuni casi l’utilizzo di un’adeguata farmacoterapia ed il coinvolgimento di figure esperte nell’educazione alimentare.” Educazione alimentare, due parole che, accostate ma soprattutto applicate, salvano vite umane dalle loro fobie e insicurezze, rendendole così protagoniste della loro vita.